Omicidio Santo Romano: 17enne condannato a 18 anni e 8 mesi

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Il processo di primo grado per l’omicidio di Santo Romano, giovane portiere 19enne dell’ASD Micri, si è concluso con la condanna a 18 anni e 8 mesi di reclusione per il 17enne di Barra che ha confessato di aver sparato al ragazzo nel novembre scorso a San Sebastiano al Vesuvio.
Una sentenza che ha lasciato l’amaro in bocca a familiari e amici, quella emessa oggi dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale per i Minorenni di Napoli.
La tragedia si è consumata per un motivo che appare, alla luce delle conseguenze, incredibilmente banale: una scarpa sporcata avrebbe innescato una lite culminata con diversi colpi di pistola che hanno tolto la vita al giovane calciatore e ferito un altro ragazzo.
L’omicidio ha sconvolto la comunità locale, lasciando una ferita profonda non solo nei familiari, ma anche tra i compagni di squadra e gli abitanti del quartiere.
Il rito abbreviato scelto dall’imputato ha consentito uno sconto di pena, ma il giudice ha comunque optato per una condanna superiore a quella richiesta dal pubblico ministero, che aveva sollecitato 17 anni di reclusione.
Una decisione che non ha però placato la rabbia dei familiari della vittima, né tantomeno ha dato loro un senso di giustizia compiuta.
Mena De Mare, madre di Santo, ha commentato con parole forti e cariche di dolore: “La giustizia ha fallito di nuovo. Solo 18 anni e 8 mesi per un omicidio, un tentato omicidio e il possesso di un’arma. La giustizia fallisce, perciò i minori continuano a delinquere e ammazzare”.
Il suo sfogo riflette una sensazione diffusa tra chi ha partecipato questa mattina al sit-in organizzato davanti al tribunale: studenti, amici, parenti e conoscenti che hanno voluto manifestare solidarietà alla famiglia e chiedere pene più severe per crimini di tale gravità, anche quando a commetterli sono minorenni.
Secondo quanto emerso durante le indagini e il processo, il giovane imputato avrebbe agito con premeditazione, portando con sé l’arma e utilizzandola con estrema freddezza. Il fatto che si tratti di un minorenne non è bastato a giustificare, per molti, una pena considerata troppo leggera rispetto alla brutalità dell’omicidio.
Il caso ha riacceso il dibattito sulla giustizia minorile in Italia, sul peso delle attenuanti legate all’età e sulla necessità di riformare un sistema che, secondo alcune voci, non garantisce un’adeguata risposta penale a reati gravissimi. Intanto, la comunità di San Sebastiano al Vesuvio continua a piangere un ragazzo che, oltre ad essere un promettente atleta, era per tutti un simbolo di correttezza e speranza.