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Nel giorno d’apertura del Festival di Cannes 2025, un’iniziativa coraggiosa e fortemente politica scuote l’industria cinematografica internazionale.
Oltre 370 tra attori, registi, produttori e autori hanno firmato una lettera aperta per denunciare il silenzio dell’industria del cinema di fronte agli “impatti mortali” della campagna militare israeliana a Gaza.
Tra i firmatari più noti figurano Joaquin Phoenix, Juliette Binoche, Pedro Pascal, Riz Ahmed, Guillermo del Toro, Rooney Mara, Jim Jarmusch, Michael Moore, Boots Riley, Alice Rohrwacher e Omar Sy.
L’appello, diffuso in concomitanza con l’inizio di uno dei festival più prestigiosi al mondo, si è caricato di un valore simbolico ancora più forte per il suo tempismo e la sua cornice internazionale.
La lettera denuncia apertamente l’uccisione della giovane fotoreporter palestinese Fatma Hassona, protagonista del documentario Put Your Soul in Your Hand and Walk selezionato nella sezione ACID di Cannes, colpita da un attacco israeliano il 16 aprile 2025.
Fatma, 25 anni, stava per sposarsi. Nell’attacco sono morti anche dieci suoi familiari, tra cui la sorella incinta. La sua morte, e quella di oltre 200 giornalisti, scrittori, artisti e civili palestinesi, è descritta nella lettera come parte di un’azione deliberata e sistematica da parte dell’esercito israeliano.
La condanna si estende anche all’Academy degli Oscar, accusata di “passività” nel caso del regista Hamdan Ballal, vincitore di un Oscar per No Other Land, aggredito da coloni e poi detenuto dall’esercito israeliano.
Dopo le proteste, l’Academy si è vista costretta a pubblicare delle scuse ufficiali.
La lettera è un atto d’accusa non solo contro la violenza, ma anche contro l’omertà e l’inerzia del mondo dell’arte e della cultura.
Il testo esorta il cinema a riscoprire la sua vocazione politica e morale, a non essere complice della propaganda, e a non voltarsi dall’altra parte davanti a ciò che viene descritto senza mezzi termini come un genocidio. È un invito all’azione, alla responsabilità collettiva e individuale degli artisti.
Ecco il testo integrale della lettera:
Fatma Hassona aveva 25 anni.
Era una fotoreporter freelance palestinese. Fu presa di mira dall’esercito israeliano il 16 aprile 2025, il giorno dopo l’annuncio che il film di Sepideh Farsi “Put Your Soul on Your Hand and Walk”, di cui era protagonista, era stato selezionato nella sezione ACID del Festival di Cannes.
Stava per sposarsi.
Dieci suoi parenti, tra cui la sorella incinta, furono uccisi nello stesso attacco israeliano.
Dai terribili massacri del 7 ottobre 2023, nessun giornalista straniero è stato autorizzato a entrare nella Striscia di Gaza. L’esercito israeliano sta prendendo di mira i civili.
Più di 200 giornalisti sono stati uccisi deliberatamente. Scrittori, registi e artisti vengono brutalmente assassinati.
Alla fine di marzo, il regista palestinese Hamdan Ballal, vincitore di un Oscar per il suo film “No Other Land”, è stato brutalmente aggredito da coloni israeliani e poi rapito dall’esercito, prima di essere rilasciato sotto la pressione internazionale.
La mancanza di sostegno da parte dell’Academy degli Oscar ad Hamdan Ballal ha suscitato indignazione tra i suoi stessi membri, costringendola a scusarsi pubblicamente per la sua inattività.
Ci vergogniamo di questa passività.
Perché il cinema, fucina di opere socialmente impegnate, sembra così indifferente all’orrore della realtà e all’oppressione subita dai nostri fratelli e sorelle?
In quanto artisti e operatori culturali, non possiamo restare in silenzio mentre a Gaza si sta consumando un genocidio e questa notizia indicibile sta colpendo duramente le nostre comunità.
A cosa serve la nostra professione se non a trarre lezioni dalla storia, a realizzare film impegnati, se non siamo presenti per proteggere le voci oppresse?
Perché questo silenzio?
L’estrema destra, il fascismo, il colonialismo, i movimenti anti-trans e anti-LGBTQIA+, sessisti, razzisti, islamofobi e antisemiti stanno combattendo la loro battaglia sul campo di battaglia delle idee, attaccando l’editoria, il cinema e le università, ed è per questo che abbiamo il dovere di lottare.
Rifiutiamoci di permettere che la nostra arte diventi complice del peggio.
Alziamoci.
Diamo un nome alla realtà.
Osiamo tutti insieme guardarlo con la precisione del nostro cuore sensibile, affinché non possa più essere messo a tacere e nascosto.
Rifiutiamo la propaganda che colonizza costantemente la nostra immaginazione e ci fa perdere il senso di umanità.
Per Fatma, per tutti coloro che muoiono nell’indifferenza.
Il cinema ha il dovere di veicolare i loro messaggi, di riflettere le nostre società.
Agiamo prima che sia troppo tardi.

Il numero e il profilo dei firmatari – da registi premi Oscar come Alfonso Cuarón e David Cronenberg, a interpreti iconici come Mark Ruffalo, Ralph Fiennes, Cynthia Nixon, Viggo Mortensen e tanti altri – mostrano quanto la questione sia sentita e condivisa tra le fila di chi fa cinema.
Non mancano artisti italiani come Giuseppe Tornatore, Alessandro Gassmann, Paolo Virzì, Gabriele Muccino, Laura Morante, Isabella Ferrari, Valerio Mastrandrea e Adriano Giannini.
In un’epoca in cui il dibattito politico penetra profondamente nell’arte, la scelta di pubblicare una lettera così esplicita durante Cannes segna un momento cruciale.
Resta da vedere se l’industria saprà raccogliere l’appello e trasformare questo gesto in un impegno concreto, anche sul piano produttivo e distributivo, per dare voce a chi viene sistematicamente ridotto al silenzio.