Rkomi e “l’ultima infedeltà.”: un nuovo inizio dal dolore

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Con l’ultima infedeltà., brano d’apertura del suo nuovo album decrescendo., Rkomi inaugura un capitolo musicale e personale inedito, crudo e profondamente sincero.
Il disco, in uscita il 23 maggio, si annuncia come il progetto più intimo mai realizzato dall’artista milanese, un viaggio nel tempo che parte dalle ferite dell’infanzia per arrivare alle domande dell’età adulta.
E il primo passo di questo percorso è una confessione potente, che arriva dritta allo stomaco.
Il brano si distingue subito per la sua scrittura viscerale. Rkomi racconta la sua storia senza filtri, accendendo una luce su traumi familiari e solitudini adolescenziali.
“Quando al compagno di mia madre non bastaron le parole, io avevo nove anni e stavo già imparando a odiare”, rappa con voce ferma ma carica di rabbia repressa.
Il ricordo di quella violenza domestica, spiata da una stanza accanto, diventa emblema di un’infanzia segnata da insicurezze e assenze.
Un dolore che si riverbera nei versi successivi, dove l’identità stessa dell’artista viene messa in discussione: “Io a quindici anni non so affrontare la droga. Non mi sento un figlio, non mi sento un fratello…”.
Il videoclip, in bianco e nero, accompagna con sobrietà e impatto visivo questa narrazione così intensa. Le immagini, spoglie e dirette, sembrano cucite addosso al testo.
Nell’ultima scena, un dettaglio simbolico: la tracklist e i featuring dell’album vengono proiettati sul corpo di Rkomi, come se la musica e le storie che sta per raccontare fossero scolpite nella sua pelle.
Un gesto intimo, quasi rituale, con cui l’artista presenta decrescendo. non solo come un disco, ma come un atto di verità.
La forza di questo progetto risiede anche nei legami che lo sostengono. Rkomi ha chiamato al suo fianco alcuni degli artisti che, come lui, hanno segnato la celebre “Generazione 2016”: Tedua, Izi, Ernia, Lazza e Nayt.
Amici, prima che colleghi, cresciuti insieme tra sogni condivisi e cadute comuni. Il loro contributo rende decrescendo. una sorta di ritratto corale, un’opera che intreccia storie personali con un sentire generazionale.
Rkomi descrive questo album come una “lettera a sé stesso”, scritta in due anni di lavoro.
È un’opera di decostruzione e rinascita, in cui la musica diventa strumento per guardarsi dentro e, forse, perdonarsi. Decrescendo. non è solo un titolo: è un movimento dell’anima, una discesa nelle ombre per poter risalire alla luce.