Pinguini Tattici Nucleari, il tour che ci ha fatto volare

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È finita in un boato di coriandoli e lacrime, venerdì 4 luglio, allo Stadio Olimpico di Roma. L’ultimo atto del Hello World Tour dei Pinguini Tattici Nucleari ha avuto il sapore agrodolce delle cose belle che passano troppo in fretta.
Nove tappe, nove stadi colmi fino all’ultimo posto, 420mila persone che, per una sera, hanno lasciato tutto fuori per entrare nel mondo surreale, colorato e malinconico dei Pinguini.
La scena era sempre la stessa, ma mai uguale: un’esplosione di luci, 700 fari che disegnavano l’aria come pennellate, un muro di 400 metri quadrati di ledwall a raccontare visioni, sogni, emozioni.
E poi i 40 cannoni da stadio, pronti a lanciare tre tonnellate di coriandoli come fosse una pioggia gentile e disordinata sopra chi cantava a squarciagola ogni parola.
Ogni concerto aveva qualcosa di unico.
A Napoli, Pastello Bianco si è colorato di dialetto napoletano e si è fatto poesia nello stadio di Maradona. A Milano, Riccardo Zanotti ha letteralmente preso il volo durante Alieni, sorvolando la folla come se la musica potesse davvero sollevarci da terra.
A Roma, le telecamere sono entrate nel camerino e ci hanno mostrato ciò che c’è dietro: la verità, l’amicizia, l’adrenalina del “coraggio, si va in scena”.
Ogni sera, 27 canzoni cucivano insieme il racconto di una generazione. Canzoni che parlano di fragilità, di ironia, di amore, di assenza.
E in mezzo a tutto questo, un duetto da brividi con Max Pezzali su Bottiglie Vuote, a chiudere il cerchio tra passato e presente del pop italiano.
Ma la musica non è rimasta solo negli stadi. In quelle settimane, i brani dei Pinguini hanno invaso le classifiche. Islanda, Ridere, Bottiglie Vuote sono entrati nella Top 50 Spotify; mentre Hello World, Fake News, Fuori dall’Hype e Ahia! sono schizzati tra gli album più venduti della FIMI.
Un’ondata emotiva che ha contagiato anche gli algoritmi.
Poi, la fine. Riccardo e gli altri lo sapevano. Come dopo le vacanze, quel momento sarebbe arrivato.
E lo hanno detto con un post: “Tutto è iniziato con un semplice ‘Hello World’, e non può che finire con un ‘Goodbye World’. Ci avete fatto sentire alieni”. Alienati nel senso più bello: liberi, fuori dalle logiche, dentro a un sogno collettivo.
Il sipario è calato, ma il palco resta lì, nella testa di chi c’era. E la voce è sempre la stessa: “Ci risentiamo presto”. Perché alla fine, quando un gruppo riesce a farti emozionare così tanto da farti dimenticare dov’eri, cosa facevi e persino chi eri, allora non è solo musica.
È vita che passa da un amplificatore all’anima. E forse, davvero, ci risentiremo presto.