Loro Piana in amministrazione giudiziaria, ricorso a opifici cinesi per abbattere i costi

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Loro Piana ribadisce la propria estraneità all’inchiesta che la ha coinvolta. L’azienda, conosciuta per la produzione e vendita di capi di alta moda, dal 2013 di proprietà del gruppo francese Lvmh, è stata posta in amministrazione controllata dal Tribunale di Milano per aver agevolato lo sfruttamento del lavoro. Attraverso una catena di sub-fornitori, di cui la proprietà sostiene di essere stata tenuta all’oscuro dell’esistenza, la società si è resa responsabile di sfruttamento della mano d’opera.
La società si è detta da subito disposta a collaborare con la magistratura, sottolineando che non appena è stata messa al corrente della situazione, ha interrotto i rapporti con il fornitore al centro dell’inchiesta sullo sfruttamento della manodopera. A questo proposito Loro Piana in una nota ha condannato fermamente qualsiasi pratica illegale ribadendo il proprio impegno a tutela dei diritti umani: “Loro Piana condanna fermamente qualsiasi pratica illegale e ribadisce il proprio continuo impegno nella tutela dei diritti umani e nel rispettare tutte le normative vigenti lungo l’intera filiera produttiva. L’azienda, si impegna affinché tutti i propri fornitori rispettino i più alti standard qualitativi ed etici della madison, in linea con il proprio codice di condotta”
L’azienda ha tenuto altresì a fare chiarezza su alcune indiscrezioni che sono state divulgate circa i costi dei capi prodotti che stando ai rumors venivano rivenduti a cifre fino a tremila euro a fronte di spese di produzione di cento euro: “non sono rappresentative degli importi corrisposti da Loro Piana al fornitore, né riflettono il valore del processo produttivo e delle materie prime”, in sostanza non sarebbero state versate al fornitore le cifre emerse, ma i costi di produzione si attesterebbero su valori superiori.
La denuncia da cui è partita l’inchiesta
A fare scattare l’indagine su Loro Piana è stata la denuncia presentata da un lavoratore, nella quale si raccontavano botte e soprusi subiti dal proprio datore di lavoro, un cittadino cinese che da mesi non pagava gli stipendi e che sarebbe andato in escandescenze quando l’uomo ne aveva chiesto contezza. Nei due mesi di indagini è stato tratto in arresto un imprenditore cinese per sfruttamento, un altro è indagato, mentre i titolari di due aziende italiane devono rispondere di violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro.
Nella stessa indagine sono stati identificati dai carabinieri 21 lavoratori, di cui 7 irregolari in Italia e 10 impiegati in nero, costretti a lavorare in condizioni precarie, senza adeguata formazione e con paghe al di sotto della soglia oraria. I lavoratori erano costretti a vivere in dormitori, in condizioni igienico-sanitarie precarie.
La catena di subappalti
Dall’inchiesta sono emersi una serie di sub-appalti, in particolare l’affidamento di una commissione alla Evergreen per la lavorazione del cashmere, azienda sprovvista di macchinari adeguati e personale per sopperire all’ordine. Secondo i magistrati Loro Piana sarebbe stata consapevole di questa situazione. Evergreen non avendo appunto i mezzi necessari, subappaltava la commissione ricevuta per la produzione a una società italiana, la Sor -Man, che a sua volta si serviva di due aziende cinesi: Clover Moda e Day Meiving.
Un giro di subappalti impressionante, che secondo i magistrati è abituale tra i brand di moda e viene utilizzato da molto tempo. Secondo gli investigatori, una giacca di cashmere costava circa 100 euro a chi la produceva e veniva messa in vendita nei negozi tra i mille e i tremila euro. Ci penserà l’amministratrice giudiziaria Micaela Cecca a cercare di rimettere il tutto sui binari della legalità, il Tribunale le ha concesso un anno di tempo.
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