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Chiara Nasti, influencer napoletana e mogie del calciatore della Lazio Mattia Zaccagni, ha deciso di aprirsi pubblicamente per la prima volta, condividendo con i suoi follower uno dei periodi più bui e complessi della sua vita: il difficile post parto dopo la nascita della sua secondogenita, Dea.
Un lungo sfogo, fatto di parole autentiche, dolore e consapevolezza, che getta luce su un tema spesso sottovalutato o taciuto: la depressione, in particolare quella post partum, e la fragilità emotiva dell’essere umano.
“Che strana che è la vita. Ti mette alla prova continuamente”, scrive Chiara. In queste parole si racchiude tutto il senso di un periodo in cui, nonostante la nascita di una figlia e una famiglia apparentemente perfetta, dentro di lei si agitava una tempesta silenziosa.
Lontana dalla sua città, da sola con due bambini, confusa e sopraffatta da emozioni che non riusciva a controllare, ha iniziato a manifestare i primi segnali di disagio: attacchi di panico, insonnia, irritabilità, una rabbia improvvisa e immotivata.
Tutti segnali che spesso vengono sottovalutati o interpretati come “debolezze passeggere”, ma che invece possono rappresentare il preludio a qualcosa di più profondo.
La depressione post partum colpisce circa una donna su sette, secondo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Non si tratta solo di tristezza o stanchezza dopo il parto, ma di una vera e propria condizione psicologica che può avere effetti devastanti sulla madre, sul bambino e sull’intera famiglia.
È una malattia silenziosa, che si insinua nei pensieri e nei sentimenti, e che spesso viene nascosta per vergogna o paura di essere giudicati.
Per Chiara, come per tante altre donne, la pressione di “dover stare bene” perché “non manca nulla” ha solo peggiorato la situazione. Avere una bella famiglia, una casa, il successo o la stabilità economica non garantisce l’equilibrio emotivo.
Nel suo racconto, Nasti non si nasconde: parla apertamente del ricorso agli psicofarmaci, della sensazione di solitudine emotiva, del corpo che manifestava dolori “inventati”, sintomi psicosomatici di una mente in difficoltà.
Una testimonianza coraggiosa che rompe il tabù e offre un messaggio potente: chiedere aiuto è il primo atto di amore verso se stessi.
Fondamentale, nel suo percorso, l’incontro con una persona sincera che l’ha invitata con fermezza a rivolgersi a un professionista. Da lì, il passo verso la terapia è stato rapido e decisivo.
La fragilità umana, spesso considerata un difetto, è invece una delle dimensioni più vere dell’essere.
Siamo creature vulnerabili, sottoposte a pressioni continue, aspettative sociali, scadenze, paure, traumi del passato e ansie del futuro. Chiara Nasti ha deciso di non essere vittima, ma nemmeno di fingere forza dove non c’era.
“Non potevo arrendermi”, scrive. Ed è in questa frase che risiede il cuore del suo messaggio: la forza non sta nel non cadere, ma nel trovare il coraggio di rialzarsi.
Oggi, il suo post è diventato uno specchio per molte donne e madri che si riconoscono nelle sue parole. Parlare di depressione, rendere visibile l’invisibile, significa rompere un silenzio che può uccidere.
Significa restituire dignità e comprensione a chi sta lottando in silenzio. Il dolore, quando condiviso, può diventare forza.
La storia di Chiara Nasti ci ricorda che dietro a ogni sorriso social, dietro a ogni fotografia patinata, può celarsi una battaglia invisibile. E che è solo affrontando con onestà le nostre fragilità che possiamo davvero rinascere.