Alanis Morissette: il ritorno della “psicoribelle” del rock

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A trent’anni dal travolgente successo di Jagged Little Pill, Alanis Morissette è pronta a tornare sul palco, più intensa, consapevole e sfaccettata che mai.
Dopo aver venduto 75 milioni di dischi, cantato la rabbia generazionale degli anni ’90 e attraversato tempeste personali, l’artista canadese si prepara a infiammare Glastonbury per la prima volta nella sua carriera.
“Quale parte di me vuoi oggi? La stronza ormonale o la gentile disponibile?”, chiede ironica, intervistata da The Guardian.
Nella sua casa di Los Angeles, tra cani, bambini e piante (che confessa di non riuscire a tenere in vita), Alanis si racconta come una donna complessa, spirituale e combattiva, sempre alla ricerca dell’equilibrio tra introspezione e creatività.
All’apice della fama a soli 21 anni, Morissette si ritrovò definita “piena di rabbia” dalla stampa e giudicata per l’uso “improprio” della parola “ironico”.
Ma i fan capirono la sua urgenza emotiva, premiandola con oltre 33 milioni di copie vendute di Jagged Little Pill. “Quello che dicevo allora era inquietante per molti. Ora invece è mainstream”, riflette, ricordando come la sua “psicochiacchiera” – oggi riconducibile alla teoria dei Sistemi Familiari Interni – fosse giudicata troppo intensa.
In questi anni Alanis ha esplorato molte vite: cantautrice, attrice, attivista, podcaster e madre di tre figli.
Ha affrontato depressione post-partum, disturbi alimentari, dipendenze e incendi che le hanno distrutto la casa. “A Los Angeles ci sono molti traumi irrisolti”, dice. Dopo l’evacuazione forzata di quest’anno, è riuscita a sistemarsi in una nuova casa a un isolato da quella perduta.
La sua lotta con la dipendenza è lucida e profonda. “Chiamo le dipendenze ‘misure di sollievo che alla fine ti uccidono’”, spiega. Il lavoro, ad esempio, è la più socialmente accettata: “Se mi faccio di eroina fino alle quattro del mattino, mi dicono che ho bisogno di aiuto. Ma se lavoro fino a quell’ora, mi dicono ‘brava’. È altrettanto corrosivo”.
Morissette non ha mai fatto mistero della sua alta sensibilità. Senza terapia, ammette, non sarebbe viva.
Per questo con i suoi figli pratica l’“unschooling” basato sulla teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner. “Ho aggiornato il modello a 16 intelligenze. La mia missione è aiutare i bambini a capire dove brillano”.
Anche il matrimonio con il rapper Souleye (Mario Treadway) è parte di un lavoro continuo. “La terapia di coppia è imprescindibile”, dice. In casa, spiritualità, empatia e musica si intrecciano ogni giorno: “Non sono strana per lui. Ci capiamo”.
A 51 anni, Alanis rivendica il diritto di non compiacere più nessuno.
La perimenopausa le ha dato schiettezza e libertà: “Sono una scarafaggia esistenziale. C’è una tenacia in me che non so da dove venga, ma mi spinge ad andare avanti”.
Oggi si oppone con forza al ritorno della cultura della taglia zero e dell’ipersessualizzazione femminile: “Pensavamo di averla superata. Non è così. Ma io inserisco micro-femminismi ovunque. Anche negli insetti: ‘Guarda com’è bella lei’”.
Morissette sale sul palco a Glastonbury con la saggezza di chi ha attraversato inferni personali e ritorna ancora una volta “con gli occhi spalancati”.
I suoi lunghi capelli sono ancora la sua armatura, il suo elicottero, il suo rifugio: “Parlano per me. Sono il mio modo di essere introversa davanti a 80.000 persone”.