Björk reinventa il concerto: dentro il mondo di Cornucopia

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Björk è tornata a stupire con Björk: Cornucopia, il film-concerto che porta nei cinema di tutto il mondo l’essenza del suo tour più ambizioso, una fusione onirica di teatro digitale, natura mutante e speranza post-catastrofica.
Un’esperienza visiva e sonora nata dall’utopia e forgiata nel dolore, che si chiude con un messaggio radicale: “L’amore ci salverà dalla morte”.
Il cuore pulsante del film, diretto insieme a Ísold Uggadóttir e Tobias Gremmler, è Utopia, album solare e fluttuante nato come risposta a Vulnicura, la raccolta lacerante che ha raccontato il dolore del cuore infranto.
Ma Cornucopia è molto più di una semplice trasposizione musicale: è un manifesto sinestetico in cui ogni emozione è accompagnata da immagini che si aprono come fiori su 27 schermi mobili, unendo arpe magnetiche, flauti circolari e animazioni organiche in Dolby Atmos.
La visione di Björk è chiara: un’isola fantascientifica sospesa tra le nuvole dove donne, bambini e flauti creano un rifugio senza violenza, lontano da un mondo dominato da energie maschili distruttive.
Una risposta poetica ma politica, nata anche dall’esperienza personale di essere madre in un’America segnata dalle sparatorie di massa. “Provengo da un paese senza esercito – dice – è stato devastante. Cornucopia è anche una forma di sopravvivenza”.
Dietro la bellezza eterea si cela una precisione chirurgica. Ogni dettaglio è stato discusso e curato: dai tessuti soffici ispirati a giraffe albine e isole fluttuanti, ai costumi-mutanti scolpiti in silicone per trasformare Björk in un’orchidea vivente.
Tutto si muove tra digitale e analogico: a brani come Arisen My Senses corrisponde una sinfonia di pixel e luci, mentre in Body Memory l’artificio si dissolve tra canne d’organo e cori umani.
La cornucopia del titolo non è solo un contenitore di abbondanza, ma un simbolo di rigenerazione artistica.
“Sapevo che Cornucopia non sarebbe stato solo un tour per Utopia, ma qualcosa che avrebbe inglobato anche Fossora, l’album funereo e terrestre scritto dopo la morte di mia madre”, racconta Björk a Variety.
Quel viaggio personale si riflette in un’opera stratificata, che mette in scena la vita, la perdita, la rinascita.
Alla fine, Cornucopia non è solo un film: è un rituale. Un’esperienza immersiva che abbraccia l’ideale e il reale, il dolore e la guarigione, e lo fa con la sfacciataggine di chi osa sperare ancora.
“Voglio un goth ottimista – dice Björk – il goth albino è ciò che cerco qui”. Ed è proprio lì, tra i flauti e i funghi, che forse possiamo ancora sognare un nuovo inizio.