Building the Band: l’ultimo dono di Liam Payne alla musica

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L’ultima eredità di Liam Payne e la rivoluzione dei talent show secondo Nicole Scherzinger
In un’epoca in cui il talento si scopre su TikTok e YouTube, “Building the Band” arriva come una boccata d’aria fresca nel panorama ormai stagnante dei talent musicali.
Il nuovo reality show di Netflix, che ha debuttato il 9 luglio, è molto più di una gara canora: è un esperimento sociale e un tributo a un’epoca e a un artista scomparso troppo presto, Liam Payne.
Nicole Scherzinger, mentore e giudice del programma, descrive così il cuore del progetto: “Adoro fare cose che infrangono le regole. Non c’è niente di più autentico di una band che si forma da sola, senza l’intervento di etichette o manager.”
E il format riflette proprio questa filosofia: i concorrenti non si vedono mai fino al momento della loro prima esibizione come band. Tutto si basa su chimica musicale, affinità e intuizione.
Un mix di format e un tocco di verità
“Building the Band” è un cocktail ben dosato tra Love Is Blind, The Voice e The X Factor. Cinquanta concorrenti da tutto il mondo, ognuno chiuso nella propria “cabina audio”, possono ascoltare le audizioni degli altri e scegliere con chi vogliono formare una band, senza vedere i loro volti.
L’elemento estetico entra in gioco solo in un secondo momento, dando spazio prima alla musica e all’alchimia.
Il presentatore AJ McLean (Backstreet Boys) e i giudici ospiti Kelly Rowland e Liam Payne portano con sé un patrimonio di esperienze nel mondo delle band.
Payne, scomparso tragicamente nell’ottobre 2024 a soli 31 anni, appare negli episodi successivi come giudice e mentore. Il programma, girato prima della sua morte, si trasforma così in un sentito omaggio alla sua carriera e alla sua umanità.
Il posto felice di Liam Payne
Nicole Scherzinger, visibilmente emozionata, racconta l’impatto personale di Payne nello show: “Liam era nel suo posto felice. Lo ispirava. Gli dava gioia. Amava restituire e aiutare gli altri.”
Le sue parole riecheggiano con dolcezza e orgoglio per un artista che, a distanza di anni dalla nascita degli One Direction (di cui Scherzinger stessa fu in parte artefice), aveva trovato un nuovo scopo: essere guida per le generazioni future.
Il tributo iniziale di McLean nel primo episodio dà subito il tono: “Dedichiamo questa serie a Liam e alla sua famiglia. Non avremmo mai immaginato di dover dire addio a un amico così.”
Una scelta che alcuni spettatori hanno trovato controversa, temendo che la messa in onda potesse risultare macabra. Ma ciò che emerge è un omaggio autentico, che mostra Payne nella sua luce migliore: empatico, appassionato e generoso.
Un ritorno al gruppo in tempi di individualismo
Mentre l’industria musicale di oggi esalta i solisti, Building the Band punta su un’idea quasi retrò: la forza del collettivo.
Ma è una formula rinnovata, con i gruppi che si formano autonomamente, guidati dalla sola sintonia musicale. In un panorama che ha visto tramontare l’era d’oro di American Idol e X Factor, questo show rappresenta un nuovo approccio al format, più organico e meno manipolato.
Nicole Scherzinger, che conosce il mondo delle band da ogni angolazione — dalla vittoria con Eden’s Crush alla fama planetaria con le Pussycat Dolls — offre un mentoring empatico, inclusivo, attento all’evoluzione dell’immagine femminile nella musica. “Essere sexy oggi significa sentirsi forti nella propria pelle, non cercare di piacere a qualcun altro”, afferma con convinzione.
Un format che colpisce al cuore
“Building the Band” potrebbe non essere il futuro del talent show televisivo, ma rappresenta certamente un ponte tra passato e presente, tra nostalgia e innovazione.
È uno show che funziona, ben prodotto e coinvolgente, anche se un po’ prolisso nelle fasi iniziali. Ma soprattutto, è una lettera d’amore alla musica, all’incontro tra anime affini e al potere della connessione artistica — quella vera, che nasce al buio, senza filtri.
È anche, e forse soprattutto, un ultimo grande regalo di Liam Payne ai suoi fan. E per questo, vale la pena guardarlo.