Donna morta per liposuzione, nello studio mancava il defibrillatore

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Dopo 3 giorni dalla morte di Alcivar Chenche Ana Sergia, la donna peruviana che si era rivolta allo studio gestito dal dottor Picciotti nel quartiere Torrevecchia a Roma, per un intervento di liposuzione, sono emersi ulteriori particolari che attesterebbero quanto la struttura fosse sprovvista di macchinari di pronto intervento in caso di complicazioni. La donna è deceduta la notte tra sabato e domenica al Policlinico Umberto I di Roma proprio in seguito a complicazioni derivanti dall’intervento. Risposte sulle cause della morte arriveranno dal risultato dell’autopsia di giovedì 12 giugno.
Uno studio fantasma, privo di autorizzazioni e senza macchinari di pronto soccorso
Lo studio dove è stata eseguita la liposuzione, in Via Francesco Roncati, era sprovvisto di defibrillatore, i carabinieri non hanno trovato durante il sopralluogo neanche l’archivio delle attività svolte, tantomeno la cartella clinica della paziente, nessun documento che attesti cosa avvenisse in quell’appartamento che era sprovvisto delle autorizzazioni necessarie per operare dal 2012. Una attività fantasma da 13 anni, che il dottor Picciotti continuava a pubblicizzare sui social, promuovendo interventi a prezzi irrisori, parallelamente a un ristorante che stava aprendo, senza timore di eventuali controlli.
Il dottor Picciotti, aveva già ricevuto due denunce negli anni passati per lesioni, ma i clienti attirati dai prezzi concorrenziali proposti si affidavano a lui per risolvere i propri problemi estetici, sottoponendosi anche ad interventi che richiedevano sedazioni profonde. Picciotti era finito negli anni sotto la lente della Procura per delle irregolarità amministrative che comunque non avevano portato effetti sulla operatività dello studio, ma un rinvio a giudizio per il titolare.
Sul caso della morte della quarantasettenne peruviana, è intervenuto anche il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che ha dichiarato che “si sta lavorando assieme all’ordine dei medici, a un provvedimento che consenta, attraverso un QR code, una chiara identificazione di ciò che in uno studio medico è possibile fare, con un richiamo, anche alle specializzazioni del personale medico che lavora in quello studio”
Le indagini
Intanto la Procura ha nominato tre consulenti, ognuno con un compito diverso che dovranno riferire al magistrato in un tempo prestabilito. L’autopsia dovrà stabilire se il decesso della donna è avvenuto a causa di uno shock anafilattico dovuto a una reazione all’anestesia, oppure per negligenza e errori del personale medico nel corso dell’intervento. A questo proposito nei prossimi giorni saranno ascoltati anestesista e infermiera presenti nello studio medico.
Gli inquirenti attraverso i tabulati telefonici dei telefoni di Picciotti, anestesista e infermiera, vorrebbero ricostruire i tempi con i quali i tre hanno richiesto l’intervento di una ambulanza privata e del 118, soprattutto i motivi per cui il mezzo di soccorso si sia diretto verso il Policlinico Umberto I e non abbia raggiunto il Gemelli, distante dieci minuti in auto dall’appartamento. Sembrerebbe che sia intercorso parecchio tempo tra le sopraggiunte complicazioni della donna e la richiesta di soccorso, l’equipe avrebbe a lungo tentato di rianimare la donna prima di chiamare l’ambulanza.
La donna è arrivata in ospedale già intubata e con un arresto cardiocircolatorio in corso nonostante nell’ambulanza l’anestesista avesse tentato di rianimarla. Una volta giunta in ospedale il personale medico ha tentato per ore di rianimarla, purtroppo senza successo, la donna è deceduta.
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