Edoardo Leo, un Otello moderno per condannare i femminicidi

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“Non sono quello che sono” avrebbe dovuto essere uno spettacolo di Edoardo Leo, il primo alla regia, ma nessuno al tempo gli ha dato fiducia. Adesso a distanza di anni l’attore romano dal 14 novembre sarà nelle sale con un film che porta lo stesso titolo, ma che a differenza del progetto originale racchiude in sé un significato più profondo. In una lunga intervista rilasciata a Vanity Fair, l’attore ha raccontato quanto l’idea del film sia nata da un titolo su un femminicidio letto su un quotidiano.
“Ho letto ‘Uomo uccide la moglie e poi si suicida’ e ho pensato: è la storia di Otello. Quel titolo risale al 2006 o al 2007. Volevo che Non sono quello che sono fosse il mio esordio alla regia, ma allora non me l’avrebbe prodotto nessuno, il cinema puntava sulle commedie e i femminicidi non occupavano le prime pagine dei quotidiani. Ho cominciato comunque a scrivere la sceneggiatura nei ritagli di tempo. Ho letto parecchie traduzioni e visto tutti i film possibili sull’Otello, musical indiani compresi. Avrei fatto un’operazione antistorica se avessi permesso al pubblico di provare compassione per il carnefice. Ho tagliato di netto il famoso monologo dell’addio alla vita del protagonista, cavallo di battaglia di tanti primi attori del ’900. Per questo verrò bannato da qualche circoletto di Shakespeare? Va bene così”.
Durante la preparazione del film il regista ha avuto modo di rendersi conto di quanto anche lui nella vita di tutti i giorni sia stato vittima di maschilismo inconsapevole e di patriarcato :
“Ho realizzato di non essermi mai indignato guardando il pugilato, sport nobilissimo dove a un certo punto però una ragazza in costume sui tacchi sfila con il cartellone del round e gli spettatori la insultano per divertimento. Quando è uscito il film Mia (sulle relazioni tossiche tra i giovani,ndr), ho intimato a mia figlia di 14 anni: ‘Non permettere a nessuno di dirti come truccarti, come vestirti, a che ora uscire. Nemmeno a me‘, e mi sono pure sentito figo. Non mi ha sfiorato invece il pensiero di chiedere a mio figlio, oggi 18enne, se è mai stato ossessivo, morboso, possessivo. L’altro giorno, davanti a una partita di calcio in tv, mi sono rivolto a un giocatore con un’espressione infelice: ‘Ma fai il maschio!’. Siamo tutti parte del problema”.
Con il film Edoardo Leo porta avanti un progetto che ha cominciato a coinvolgerlo mentre era impegnato in teatro, circa un anno fa, nei tristissimi giorni successivi all’omicidio di Giulia Cecchettin. Giorni che scossero l’opinione pubblica a tal punto di prendere Giulia come simbolo di tutte le donne vittime di femminicidio. Il regista in quel momento ha cambiato metà dello spettacolo, immaginando come possano sentirsi le donne in quelle che sono le violenze che subiscono quotidianamente :
“Ci sono femminicidi che scuotono l’opinione pubblica più di altri. Quando è stata uccisa Giulia Cecchettin ero in tournée a teatro e tutti parlavano della sua storia. Ho deciso di cambiare metà dello spettacolo: ho cominciato a leggere alcuni passaggi del monologo di Franca Rame. Lo stupro e le domande agghiaccianti che nelle aule di tribunale vengono rivolte alle donne vittime di violenza sessuale. Prendendo poi le parole di Elena Cecchettin – ‘Non fate un minuto di silenzio per mia sorella, fate un minuto di rumore’”
Una scelta che ha messo Edoardo di rendersi conto quanto alcuni spettatori fossero a disagio e provassero vergogna:
“Ho chiesto agli uomini presenti in sala di alzarsi in piedi e alle donne di fare un baccano infernale. Dal palco io guardavo quegli uomini: qualcuno è rimasto seduto, molti avevano il terrore dipinto in faccia, altrettanti mi hanno detto che non avevano mai provato un tale imbarazzo. Sa che cosa rispondevo? ‘È lo stesso che avverte una ragazza quando al ristorante, vestita come pare a lei, va verso il bagno e passa davanti a un tavolo di quattro maschi: nel migliore dei casi la fissano come carne da macello, spesso le rivolgono commenti terribili’. Ecco, nella vita privata, posso fare che, se sto a quel tavolo, me ne vado; nella vita professionale, invece, devo creare occasioni di riflessione”.
Un film dal grandissimo impatto sociale, che arriva in un periodo storico in cui su un tema del genere si ha bisogno di un messaggio potente. Porre l’accento sulle piccole violenze quotidiane figlie del patriarcato e del maschilismo, forse rappresenterà per alcuni una goccia nel mare, importante è che qualcuno ne rimanga coinvolto, che ci sia uno switch, che si cominci a prendere le distanze da determinati comportamenti e ci si allontani. Come ha detto Leo, ci si augura che qualcuno possa allontanarsi dai tavoli del maschilismo.
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