Emma, la forza della rabbia: Io non ero il cancro, ero viva

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“Io non ero quel corpo, io non ero quella malattia. Ero una ragazza che voleva cantare, vivere, avere successo.” Con queste parole, intense e disarmanti, Emma Marrone è salita sul palco del Teatro Manzoni di Milano durante l’evento “IEO per le Donne”, raccontando la sua battaglia contro il cancro.
Non un semplice intervento, ma un atto di coraggio, un manifesto di sopravvivenza, dolore e rinascita.
La cantante salentina ha ripercorso, senza filtri, gli anni più duri della sua vita: una diagnosi che le è piombata addosso all’apice della giovinezza, quando ogni sogno sembrava a portata di mano.
“Io volevo cantare, volevo essere famosa, volevo vedere i miei genitori felici,” ha detto, con la voce rotta ma lucida, “e invece è arrivato lui, il bastardo. Ogni volta che stavo per fare qualcosa di bello, arrivava.”
Il “lui” di cui parla Emma è il cancro, subdolo e persistente, che l’ha messa alla prova più volte, tornando in forma di recidiva quando sembrava tutto finito.
Eppure, nonostante la sofferenza fisica e psicologica, Emma non ha mai permesso alla malattia di definirla.
“Io sono la mia testa, io sono la mia rabbia, io sono la mia famiglia, i miei amici,” ha affermato con forza, sottolineando l’importanza del supporto emotivo ricevuto durante il percorso.
È proprio la rabbia, spesso demonizzata, ad averle dato l’energia per combattere: “Qualcuno mi definisce fredda, un po’ algida, ma la verità è che la mia rabbia mi ha salvato. Mi ha tenuta viva. Mi ha fatto sbucciare via la malattia dal mio io.”
Emma non si è presentata come una vittima, ma come una guerriera consapevole.
Ha parlato anche del rapporto con il proprio corpo, spesso ridotto a un campo di battaglia. Ha spiegato come abbia dovuto separare la propria identità dalla malattia per continuare a esistere, come donna, come artista, come essere umano.
Oggi la cantante è tornata sotto i riflettori, ma con una consapevolezza nuova: la fama, il successo, le luci del palco sono importanti, ma nulla vale più della vita, della libertà di essere se stessi, anche quando il dolore bussa alla porta.
Il suo messaggio, rivolto soprattutto alle donne, è chiaro e potente: “Non siete la vostra malattia. Non siete il vostro dolore. Siete tutto il resto.”
Emma è viva. E lo grida, con voce ferma, per sé e per tutte.