Eurovision 2025: la sottile arte di eludere la censura

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L’Eurovision Song Contest è da sempre sinonimo di spettacolo, costumi eccentrici e melodie irresistibili. Negli ultimi anni, però, il palcoscenico europeo si è rivelato anche una sorprendente vetrina per allusioni sessuali mascherate e giochi linguistici provocatori.
L’edizione 2025, ospitata a Basilea, ha segnato un ritorno deciso all’irriverenza pop, dimostrando che, nonostante la rigida censura dell’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), la creatività trova sempre il modo di farsi strada.
Le regole parlano chiaro: sono vietati testi “osceni o comunque offensivi della morale pubblica o della decenza” durante le esibizioni in diretta.
Ma dove finisce l’oscenità e dove inizia l’ironia?
Molti artisti hanno trovato la soluzione nel ricorso a metafore e doppi sensi, specialmente in lingue diverse dall’inglese, la più sorvegliata sul fronte della decenza. In altre parole, si può cantare di sesso, ma senza nominarlo esplicitamente – o almeno, non in inglese.
Un caso emblematico arriva dalla Finlandia, dove Erika Vikman ha portato in gara la canzone Ich komme, espressione tedesca che significa “sto arrivando” ma che, in un contesto sessuale, si traduce con “sto raggiungendo l’orgasmo”.
Il brano è passato senza tagli, mentre altrove, in inglese, simili allusioni hanno richiesto revisioni.
È il caso della maltese Miriana Conte, la cui canzone originariamente intitolata Kant (che in maltese significa “canto”) è stata ritenuta troppo simile a un termine volgare inglese.
La BBC ha sollevato la questione e l’EBU ha imposto una modifica. Il brano è così diventato Serving, richiamando l’espressione queer “serving cunt”, usata per celebrare l’espressione audace e sicura della femminilità.
Ironia vuole che le proteste siano arrivate non da Malta, dove l’inglese è lingua ufficiale, ma proprio dal Regno Unito.
Questo tipo di linguaggio allusivo non è una novità all’Eurovision.
Nel 2022, i lettoni Citi Zēni sono stati costretti a modificare il testo della loro Eat Your Salad, dove cantavano: “Invece di carne, mangio verdure e figa”. Durante l’esibizione, la parola incriminata è stata omessa, ma il pubblico non ha avuto problemi a intonarla comunque.
Anche nel 2025, i testi si sono fatti carichi di doppi sensi.
L’australiano Go-Jo ha presentato Milkshake Man, una canzone che ruota attorno a un “milkshake” miracoloso capace di renderti “più grande, più forte e con ossa più dure”.
Un inno al potere virile mascherato da ironia pop. Allo stesso modo, già nel 1994 la francese Nina Morato cantava “Putain, il y a des jours”, dimostrando che certe allusioni hanno lunga vita sul palco europeo.
Se l’inglese continua a essere la lingua più soggetta a censura, l’Eurovision mostra anno dopo anno quanto l’ingegno linguistico riesca a superare ogni barriera.
Tra metafore, ammiccamenti e linguaggi meno sorvegliati, le canzoni più audaci sono spesso anche le più memorabili.
Perché ciò che può suonare volgare in un paese, altrove può risultare solo spiritoso – ed è proprio questo che rende l’Eurovision molto più di una semplice gara musicale: un vero e proprio crocevia culturale, dove ogni strofa diventa un piccolo atto di libertà.