Fast fashion sotto accusa: Shein e le pratiche oscure

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Shein, il gigante cinese del fast fashion, è finito ancora una volta nel mirino delle autorità europee. Ventuno associazioni dei consumatori, coordinate dal BEUC (Organizzazione europea dei consumatori), hanno presentato un reclamo formale alla Commissione europea, denunciando presunte pratiche commerciali scorrette messe in atto dall’azienda.
Al centro della questione vi sono i cosiddetti dark pattern, tecniche manipolative digitali progettate per spingere l’utente a compiere azioni che altrimenti eviterebbe, come acquisti impulsivi o registrazioni forzate.
Nel dossier di 29 pagine consegnato alla Commissione, il BEUC elenca una serie di comportamenti che, secondo le associazioni, costituirebbero una violazione del diritto UE in materia di tutela dei consumatori.
Tra le pratiche denunciate spiccano falsi timer per la fine delle promozioni, messaggi fuorvianti sulle scorte di magazzino, pressioni emotive (come il confirm shaming, ossia far sentire in colpa l’utente che decide di non acquistare), e inviti insistenti a concludere l’acquisto rapidamente per “non perdere l’occasione”.
Secondo il BEUC, queste strategie non solo compromettono la libertà decisionale dei consumatori, ma li spingono a spese eccessive, aggravando problemi economici personali e contribuendo al fenomeno del consumo compulsivo.
Il fast fashion promosso da Shein, prosegue il dossier, ha un impatto ambientale e sociale rilevante: abiti acquistati a basso costo e indossati poche volte generano rifiuti tessili, mentre la produzione intensiva potrebbe implicare l’uso di sostanze chimiche pericolose, in violazione delle normative UE.
Inoltre, la denuncia segnala la presenza sul mercato europeo di prodotti potenzialmente non conformi agli standard di sicurezza previsti dall’Unione, sia per i materiali utilizzati sia per le informazioni poco trasparenti fornite al momento dell’acquisto.
Non si è fatta attendere la risposta di Shein.
L’azienda ha lamentato la mancata disponibilità del BEUC a dialogare, sostenendo che “una collaborazione diretta sarebbe più utile ai consumatori europei”.
Shein afferma di stare già cooperando con le autorità di tutela dei consumatori e con la Commissione europea per dimostrare la propria volontà di rispettare le normative comunitarie.
Tuttavia, la pressione nei confronti dell’azienda è destinata a crescere.
Solo pochi mesi fa, la rete europea CPC (Consumer Protection Cooperation Network) ha avviato un’indagine su Shein, già accusata di pratiche scorrette come sconti ingannevoli, vendite forzate e uso di etichette ambigue che simulano caratteristiche “speciali” in realtà richieste dalla legge.
Il BEUC chiede ora che l’UE imponga a Shein l’obbligo di fornire prove concrete a supporto delle proprie affermazioni di marketing. Se l’azienda non riuscirà a dimostrarne la veridicità, dovrà cessare immediatamente la diffusione di tali messaggi sul territorio europeo.
Questa nuova offensiva contro il colosso del fast fashion si inserisce in un contesto più ampio: l’Europa sta cercando di rafforzare la tutela dei consumatori nel mercato digitale, contrastando abitudini di consumo insostenibili e garantendo maggiore trasparenza nell’e-commerce.