Insensibili all’orrore, giovani omicidi sospesi tra virtuale e realtà

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Si è parlato spesso dei danni che può procurare il web, un palliativo alla solitudine che può creare mostri o che può fungere da realtà parallela, un contesto in cui chi si immerge potrebbe pensare di aver trovato la soluzione al proprio disagio, ma che invece si può trasformare in un mostro che inghiotte e conduce a una irrealtà fumosa in cui il cattivo ha sempre la meglio. Quell’eroe negativo in cui è bello identificarsi e emularne le gesta, ma non tutti accanto hanno genitori consapevoli di cosa stiano attraversando i propri figli, soprattutto non tutti gli adolescenti possono contare su un adulto capace di essere d’aiuto e spiegare.
L’omicida di Maria Campai ha 17 anni, l’esecutore della strage familiare nel milanese ha 17 anni, gli omicidi di Christopher Luciani sono giovanissimi, come giovanissima è la mamma omicida dei neonati da lei partoriti e sepolti nel giardino di casa, quasi tutti hanno premeditato ciò che stavano per compiere cercando informazioni su internet. Nella maggior parte dei casi i motivi sono futili, dall’affermazione personale davanti ai compagni, fino al desiderio di vedere cosa si prova a uccidere o al non sentirsi compresi.
Ragazzini che non capiscono fino a che punto possono fare male, la loro aggressività esplode all’improvviso, rabbiosa e colpiscono la vittima agonizzante per trarne un sottile piacere senza rendersi coto della gravità di uccidere. Dal mondo virtuale arriva di tutto e non tutti riescono a interpretarne il messaggio, molto spesso negativo che ne deriva, spesso ci si aspetta che la famiglia si renda conto da sola del bisogno d’aiuto, ma molte volte non avviene o per un senso di vergogna e imbarazzo non si interviene.
I dispositivi elettronici usati come baby sitter possono portare anche a questo, vivere nella stessa casa da perfetti sconosciuti in cui ci si vede solo a tavola se capita, per il resto la realtà diventa quella che si trova dietro uno schermo, sui social, una sorta di terapia di gruppo senza un terapeuta che indichi la strada e in cui la prevaricazione è la cura, sbagliata, per sentirsi più forti, senza guida si può arrivare ad essere lo stesso disinibiti, ma nel modo sbagliato
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