Los Angeles: la rinascita musicale dopo gli incendi

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Di fronte alla devastazione, la comunità musicale di Los Angeles cerca di ricostruire non solo case e studi, ma anche identità, reti e speranze.
Lo scorso gennaio, un’ondata di incendi senza precedenti ha sconvolto Los Angeles. Alimentate dai venti di Santa Ana e da condizioni di siccità estrema, le fiamme si sono propagate con una rapidità e un’intensità devastanti, travolgendo quartieri interi, da Malibu alle colline di Pacific Palisades.
Il bilancio è stato drammatico: oltre 180.000 residenti evacuati, 17.000 strutture distrutte, 30 morti. Una città abituata agli incendi ha affrontato una catastrofe fuori scala.
Nel cuore di questo disastro si trova la comunità musicale cittadina, una delle più vitali e influenti al mondo.
In poche ore, studi di registrazione, archivi, strumenti e intere vite sono andati in fumo. Per molti lavoratori del settore – fonici, insegnanti, tecnici, DJ, musicisti – il fuoco ha significato la perdita non solo di beni materiali, ma di mezzi di sussistenza. Molti di loro, lavoratori autonomi o freelance, vivono con redditi incerti e carriere già rese fragili dalla pandemia.
La risposta del mondo musicale è stata immediata e corale.
Grandi artisti – da Beyoncé a The Weeknd, da Taylor Swift ai Metallica – hanno offerto sostegno concreto attraverso donazioni.
Le principali piattaforme di streaming e le agenzie di promozione hanno collaborato per organizzare FireAid, una serie di concerti benefici che hanno raccolto oltre 100 milioni di dollari. Nel frattempo, anche dal basso, nei club, nei bar, nei centri comunitari, sono nati innumerevoli eventi di solidarietà.
Tuttavia, a distanza di mesi, la ricostruzione resta incerta.
I problemi sono molteplici: mancanza di spazi di lavoro, difficoltà nel reperire strumenti sostitutivi, impossibilità di accedere alle assicurazioni o ai sussidi.
Laura Segura, direttrice esecutiva di MusiCares, l’organizzazione benefica dedicata ai lavoratori della musica, evidenzia la fragilità strutturale del settore: “Molti professionisti vivono di incarichi temporanei, e la loro capacità di guadagnare dipende direttamente dagli strumenti che usano. Non si può fare musica senza strumenti. E molte persone facevano musica da casa, case che ora sono andate a fuoco.”
Una delle risposte più toccanti è nata da un semplice gesto: un foglio di calcolo condiviso online.
Creato da Judy Miller Silverman, storica addetta stampa musicale, il documento è diventato in breve tempo una rete di mutuo soccorso.
Da otto nomi iniziali, si è arrivati a oltre 400 professionisti del settore colpiti direttamente. Tecnici del suono, promoter, compositori, DJ, fotografi, manager di band: un’intera mappa dell’industria musicale losangelina ferita ma ancora viva. Le raccolte fondi correlate hanno raccolto circa 19 milioni di dollari.
Anche istituzioni come la radio pubblica KCRW hanno svolto un ruolo fondamentale, offrendo supporto logistico, contatti per alloggi temporanei, strumenti e studi condivisi.
Ma sono andati persi archivi, collezioni di vinili, poster storici. Un patrimonio intero. Parte della storia musicale di Los Angeles è andata in fumo.
Un simbolo di questa perdita è Rhythms of the Village, negozio di musica e centro comunitario nel quartiere di Altadena. Gestito da Emeka Chukwurah e dalla sua famiglia, il negozio era molto più di un’attività commerciale: era un luogo di incontro, arte e identità culturale.
Dopo l’incendio che l’ha distrutto, Chukwurah racconta il dolore della perdita ma anche la forza della comunità: “La gente si sta unendo. Forse stiamo diventando ancora più forti.”
Molti dei musicisti colpiti sono ancora sfollati, sparsi in alloggi temporanei in attesa di capire se potranno ricostruire.
Ma per chi affitta, la ricostruzione è quasi impossibile: troppi ostacoli burocratici, assicurazioni insufficienti, materiali costosi, manodopera scarsa. E l’aumento dei costi dell’assicurazione in una città che, per via della crisi climatica, sarà sempre più soggetta a eventi simili.
“Cercare di capire come ricostruire è diventato un lavoro a tempo pieno”, raccontano in molti. Alcuni stanno già lasciando la città, in cerca di stabilità altrove. Altri resistono, pur consapevoli che il volto di Los Angeles – e la sua anima musicale – non sarà più lo stesso.
La città rischia di perdere una generazione di creativi. O, almeno, di vivere una pausa nella sua produzione culturale. “La mia paura è che le persone abbandonino completamente la musica”, ammette Segura. “Dovremo reinventare cosa significa resilienza. A Los Angeles, non lo sappiamo ancora.”
Eppure, tra le macerie, emergono segnali di speranza. Alcuni artisti stanno già tornando a scrivere, produrre, suonare. Per molti, la musica non è solo un mestiere, ma una forma di resistenza. Una prova che, anche tra le ceneri, la creatività può rinascere.