Meloni torna alla Camera dopo oltre un anno: clima teso

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Dopo oltre un anno di assenza, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata alla Camera per il question time, affrontando un’aula gremita e un clima politico carico di aspettative e tensioni.
Era infatti dal marzo 2024 che Meloni non partecipava a un confronto diretto con i deputati. Un’assenza prolungata che ha sollevato non poche critiche da parte delle opposizioni.
Gaza: parole dure su Hamas, ma ambiguità nei fatti
Meloni ha dedicato ampio spazio alla crisi a Gaza, parlando di una situazione “umanitaria sempre più ingiustificabile” e ribadendo la condanna di Hamas.
Tuttavia, nel sottolineare di non condividere “le recenti proposte del governo israeliano”, la premier si è guardata bene dal prendere una posizione realmente netta nei confronti delle azioni di Tel Aviv.
La volontà di mantenere buoni rapporti con Netanyahu sembra prevalere sul coraggio di una condanna chiara delle violazioni del diritto internazionale.
Giovani e disagio digitale: tra empatia e retorica
Il tema del disagio giovanile ha portato la premier su un terreno personale. Parlando da madre, Meloni ha ammesso di sentirsi “disarmata” di fronte all’isolamento digitale dei giovani.
Ha annunciato la creazione di un gruppo di lavoro a Palazzo Chigi, ma anche qui la misura è sembrata più di facciata che sostanziale. Tante parole, pochi impegni concreti, e un rischio evidente di scivolare nella retorica paternalista.
Sicurezza e forze dell’ordine: più soldi, meno visione
Meloni ha rivendicato assunzioni per oltre 30.000 agenti e fondi per il rinnovo dei contratti nel comparto sicurezza.
Ma il messaggio è apparso più come un’autocelebrazione che parte di una strategia organica per la sicurezza nazionale.
Nessun accenno ai problemi strutturali, alla formazione o al rapporto tra cittadini e forze dell’ordine. Tutto centrato su slogan come “aiuteremo chi ci aiuta”, utili sul piano comunicativo, meno su quello politico.
Economia e conti pubblici: pochi numeri, molti annunci
La premier ha rivendicato il calo dello spread e la “credibilità” del governo come garanzia per i mercati. Ha parlato di riforma fiscale e semplificazione, citando l’abrogazione di 30.000 norme.
Ma il discorso resta vago: nessuna misura strutturale davvero illustrata, nessun dato concreto su effetti di lungo periodo. La narrazione economica è apparsa più come un bollettino autocelebrativo che come un’analisi trasparente.
Energia, nucleare e clima: la solita critica all’Europa
Sul caro energia, Meloni ha promesso una “diminuzione strutturale” dei prezzi, accusando ancora una volta l’Europa di ideologismo nella transizione ecologica.
Il governo punta sul nucleare come “fonte sicura e pulita”, ma senza chiarire tempi, costi o reali benefici. La linea resta quella di un nazionalismo energetico in chiave anti-Bruxelles, più utile a costruire consenso che a risolvere i problemi.
Scontro con Conte: silenzio su Gaza e toni sprezzanti
Il confronto con Giuseppe Conte (M5S) ha acceso gli animi. Il leader pentastellato ha attaccato sulle spese militari e ha chiesto un minuto di raccoglimento per le vittime civili di Gaza.
Solo i deputati di M5S e PD si sono alzati in piedi. Meloni è rimasta seduta, evitando ogni gesto di rispetto. Quando Conte l’ha incalzata, ha risposto con sarcasmo: “Sarà uno dei tanti Giuseppi”. Una battuta fuori luogo in un momento che richiedeva sensibilità.
Schlein alza il livello, Meloni perde il controllo
Il momento più teso è arrivato con Elly Schlein (PD), che ha accusato il governo di tagliare la sanità. La premier, fino a quel momento impassibile, ha reagito con tono acceso: “Non è vero, è una bugia!”, agitando vistosamente le mani. U
n cambio di atteggiamento che ha mostrato la fragilità dietro la facciata da leader imperturbabile. Lo scontro ha svelato quanto l’esecutivo soffra le critiche su uno dei temi più sentiti dal Paese.
Caos in Aula: Magi espulso, opposizione ignorata
A movimentare ulteriormente la seduta ci ha pensato Riccardo Magi (+Europa), che ha tentato di intervenire nonostante la sua interpellanza fosse stata esclusa.
È arrivato fino ai banchi del governo, urlando contro Meloni per “aver silenziato i referendum”. Espulso di peso, è stato osservato con divertito distacco dalla premier. Una scena surreale, ma anche indicativa di quanto sia difficile per l’opposizione ottenere ascolto.
Una presenza attesa, ma deludente
Il ritorno della presidente del Consiglio in Aula, dopo oltre un anno, ha avuto il sapore più dell’evento mediatico che del confronto sostanziale.
Meloni è apparsa attenta a preservare l’immagine di leader salda, ma spesso ha evitato risposte realmente approfondite, preferendo toni rassicuranti e dichiarazioni di principio.
Le tensioni con l’opposizione hanno messo in luce una certa insofferenza al dissenso, emersa soprattutto nel confronto con Schlein e Conte, dove la premier ha abbandonato la compostezza iniziale per reagire in modo stizzito.
Il tentativo di mostrarsi madre e capo del governo insieme può aver colpito emotivamente, ma rischia di scivolare nella retorica se non accompagnato da azioni coerenti.
Più che un ritorno al confronto democratico, quello di oggi è sembrato un esercizio di controllo dell’immagine, in un’Aula dove le vere risposte continuano a mancare.