Omicidio Carol Maltesi: confermato ergastolo a Fontana

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Ergastolo per Davide Fontana: la Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato la condanna al massimo della pena per l’ex bancario di Rescaldina, imputato per l’omicidio di Carol Maltesi, uccisa l’11 gennaio 2022.
La sentenza arriva al termine dell’appello bis, disposto dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato in parte la precedente decisione, chiedendo una nuova valutazione sull’aggravante della premeditazione.
I giudici hanno accolto la richiesta della Procura generale e riconosciuto l’aggravante, confermando così l’ergastolo già pronunciato nel primo appello.
Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 60 giorni, ma la decisione chiude un capitolo fondamentale di uno dei casi più agghiaccianti degli ultimi anni in Italia.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Fontana attirò la vittima nella propria abitazione con il pretesto di girare un video a contenuto erotico, destinato alla piattaforma OnlyFans.
La donna venne legata a un palo della lap dance e colpita ripetutamente alla testa con un martello: 13 colpi in tutto.
Poi, mentre era ancora viva o in fin di vita, venne sgozzata con un coltello. L’estrema violenza del gesto aveva già fatto riconoscere l’aggravante della crudeltà, confermata in via definitiva dalla Cassazione.
Il movente sarebbe legato a motivi personali: Fontana, legato sentimentalmente a Carol, non avrebbe sopportato l’idea che lei si stesse per trasferire a Verona per cominciare una nuova vita.
Dopo l’omicidio, l’uomo aveva sezionato il corpo della giovane, ne aveva conservato i resti nel congelatore per alcune settimane e successivamente li aveva gettati in quattro sacchi neri da un dirupo a Paline di Borno, nel Bresciano.
La ricostruzione dei fatti è stata resa possibile grazie alle indagini dei carabinieri e a una serie di errori commessi dall’assassino, che inizialmente aveva cercato di depistare le ricerche facendo credere che Carol fosse ancora viva.
Ma le contraddizioni emerse durante gli interrogatori e il ritrovamento dei resti hanno portato alla sua confessione.
Dopo la condanna a 30 anni in primo grado, l’appello aveva già riconosciuto le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, portando all’ergastolo. La Cassazione aveva confermato solo la crudeltà, ordinando un nuovo processo d’appello sulla premeditazione, ora definitivamente riconosciuta.