Radiohead tornano in tour nel 2025, ma il BDS chiede il boicottaggio: “Silenzio complice sulla Palestina”

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Radiohead: il ritorno sul palco nel 2025 tra l’entusiasmo dei fan e l’appello al boicottaggio del BDS
Dopo oltre sette anni di silenzio, i Radiohead tornano finalmente a calcare i palchi. Il gruppo britannico ha annunciato questa mattina (3 settembre) una serie di date in Europa e nel Regno Unito previste per novembre e dicembre 2025.
Tra le città toccate dal tour figurano Madrid, Bologna (il 14, 15, 17 e 18 novembre alla Unipol Arena), Londra (O2 Arena), Copenaghen e Berlino, segnando il primo ritorno dal vivo dopo la conclusione del tour “A Moon Shaped Pool” nel 2018.
I fan potranno registrarsi per l’accesso ai biglietti a partire da venerdì 5 settembre direttamente sul sito ufficiale dei Radiohead. Ma mentre l’annuncio ha generato entusiasmo nella comunità musicale, non sono mancate le polemiche.
L’appello al boicottaggio: il BDS accusa la band di “silenzio complice”
Subito dopo l’annuncio del tour, il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) ha rinnovato la richiesta di boicottare la band.
In un post pubblicato sui social media, il PACBI (Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele) ha criticato i Radiohead per il loro “silenzio complice” di fronte alla situazione a Gaza e ha condannato le esibizioni del chitarrista Jonny Greenwood insieme al musicista israeliano Dudu Tassa, in particolare quelle avvenute a Tel Aviv nel 2024.
Secondo il PACBI, Greenwood avrebbe “attraversato la linea di picchetto” esibendosi “a pochi chilometri dal genocidio trasmesso in diretta streaming”, riferendosi al conflitto in corso nella Striscia di Gaza, che – secondo i dati riportati dal movimento – avrebbe causato oltre 62.000 vittime palestinesi.
Anche nel 2017 i Radiohead erano finiti nel mirino degli attivisti per aver suonato a Tel Aviv, ignorando gli appelli di artisti come Roger Waters, Thurston Moore, i Young Fathers e l’arcivescovo Desmond Tutu. Secondo PACBI, la band “non si è mai scusata” per quella scelta.
La risposta di Thom Yorke: “Suonare in un Paese non è sostenerne il governo”
Il frontman Thom Yorke ha più volte risposto alle critiche. Già nel 2017 dichiarò: “Suonare in un Paese non equivale a sostenere il suo governo. Non sosteniamo Netanyahu più di quanto sosteniamo Trump.”
In un post pubblicato nel 2024, Yorke ha spiegato il suo silenzio come un tentativo di rispetto verso le vittime del conflitto, ma ha ammesso che ciò ha lasciato spazio a interpretazioni pericolose, dicendo: “Quel silenzio ha permesso ad altri di usare intimidazione e diffamazione. Me ne pento.”
Il chitarrista Ed O’Brien ha scritto: “Gli eventi del 7 ottobre e ciò che è seguito sono stati orribili. Cessate il fuoco ora. Restituite gli ostaggi.”
Il clima resta teso in vista del tour
Le pressioni del BDS hanno già portato alla cancellazione di due spettacoli di Greenwood e Tassa nel Regno Unito a giugno, a causa di minacce giudicate credibili dagli organizzatori.
Greenwood ha parlato di “censura” e “intimidazione”, sostenendo che tali azioni non favoriscano la pace.
Con l’avvicinarsi delle date del tour 2025, sarà interessante osservare se la band affronterà ulteriori pressioni o se sceglierà di intervenire pubblicamente per placare le critiche. Intanto, la musica dei Radiohead torna finalmente dal vivo, ma non senza polemiche.