Sanremo 2026: braccio di ferro tra RAI e major: potrebbero boicottare il Festival

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Un’ipotesi che è stata discussa nel 49° episodio del podcast “Pezzi – Dentro la musica”, con i giornalisti Luca Dondoni, Andrea Laffranchi e Paolo Giordano: le case discografiche protestano (e non poco) verso la RAI e l’oggetto della lamentela è niente meno che il Festival di Sanremo, ovvero l’evento più importante dell’anno da un punto di vista musicale, televisivo e sociale per il nostro Paese.
Eppure, per una casa discografica italiana, il Festival di Sanremo a livello economico vale l’1% (massimo il 2%) del ritorno economico dell’intero anno. È evidente, dunque, che qualche falla nel sistema vi sia. L’artista, invece, ha un ritorno maggiore, sia sul piano della visibilità che a livello economico. Come riferito nel podcast, nel concreto partecipare a Sanremo significa avere un’importante occasione per vendere i biglietti del tour: nel periodo seguente al Festival c’è molta più richiesta per assistere dal vivo al concerto di un fresco partecipante alla kermesse sanremese.
I rimborsi degli artisti
Il Festival di Sanremo 2025 ha registrato un incremento pari al 12% dei rimborsi nei confronti degli artisti. Un artista, come rimborso alla sua partecipazione al Festival di Sanremo, ottiene dalla RAI la cifra di 62.000 euro, se partecipa da solo; qualora i partecipanti in gara siano almeno due, si parte da una base di 62.000 euro da destinare al progetto e si aggiungono 3.000 euro per ogni “membro in più” rispetto a quello che sarebbe il profilo di un concorrente singolo.
Ad esempio i Coma_Cose, partecipando in due, hanno percepito 65.000 euro (62.000 più 3.000). Ogni “Nuova Proposta” viene pagata 25.000 euro dalla RAI: meno della metà rispetto a un concorrente “Big”, siccome si immagina che una nuova proposta abbia un entourage più piccolo. A un artista che partecipa nei Big, la partecipazione a Sanremo costa dai 120.000 euro ai 150.000 euro, escludendo le spese legate alla produzione della canzone.
Emerge altresì la problematica legata alla serata delle cover: il rimborso è di 4.000 euro per ogni ospite italiano e 8.000 euro se per ogni artista internazionale che calca il palco dell’Ariston. Tale rimborso, però, riguarda esclusivamente il pagamento che la RAI effettua: dopodiché, la casa discografica può pagare di tasca sua un artista ospite, qualora quest’ultimo chieda di più. In sostanza, la serata delle cover è quella che costa maggiormente alle etichette e raramente ha un affaccio discografico. La RAI, invece, approfitta della lunga lista di ospiti per accelerare sul piano degli ascolti, pur riconoscendo poco economicamente al mondo musicale.
Divieto di utilizzo dei marchi nella zona rossa
Altro aspetto del quale si lamentano i discografici consiste nel fatto che RAI Pubblicità vieta – nella “zona rossa” del Festival, ovvero nei luoghi che circondano il Teatro Ariston – l’utilizzo di marchi che non siano quelli con cui RAI Pubblicità ha un accordo. Ad esempio, non si può far girare per la città di Sanremo un van sponsorizzato.
La tensione tra la RAI e il mondo discografico è evidente. Andrea Laffranchi ipotizza che le case discografiche possano boicottare il Festival di Sanremo e non presentare in gara i loro artisti. Luca Dondoni a tal punto reagisce con enorme stupore, Paolo Giordano sottolinea che un evento del genere si è già verificato nel 2004, con Simona Ventura alla conduzione e il direttore artistico Tony Renis rimasto col cerino in mano (siccome partecipavano solo le etichette indipendenti), beneficiando però di un grande gesto di amicizia da parte di Adriano Celentano, che sbarcò in Riviera per salvare gli ascolti.
Lo scenario è estremo, ma se in un programma condotto da tre giornalisti così seri e competenti viene paventata un’ipotesi del genere, bisogna fare attenzione perché qualcosa che bolle in pentola c’è.