Silenzio assordante: la scossa di Clementino che ha messo a nudo il rap Italiano su Gaza
#image_title
Hip Hop: è ancora “knowledge and movement” o solo “platini e sfilate”? La dura accusa di Clementino al silenzio dei colleghi sul conflitto mediorientale.
Nei giorni in cui la situazione a Gaza continua a dominare il dibattito internazionale, la musica italiana si trova al centro di una nuova, aspra, polemica.
A innescarla è stato il rapper campano Clementino, che con un post al vetriolo ha puntato il dito contro i “cosiddetti rapper delle classifiche” rei, a suo dire, di un silenzio inaccettabile sul genocidio in corso.
Un attacco frontale, espresso in un linguaggio crudo e diretto, che ha poi trovato eco e amplificazione nelle parole non meno dure di Ghali, trasformando una critica in un vero e proprio dibattito sull’anima e la responsabilità sociale dell’Hip Hop in Italia.
L’Affondo di Clementino: “Sit Munnezz!”
Il messaggio di Clementino, pubblicato sui social, non usa mezzi termini e colpisce con precisione chirurgica le contraddizioni percepite nel rap mainstream. Il cuore del post è una domanda retorica che brucia: “E voi sareste Rapper? Lo sapete cosa vuol dire essere Rapper?”.
Questa frase non è solo un’accusa, ma una vera e propria dichiarazione di principio. Clementino richiama l’essenza stessa della cultura Hip Hop che, come sottolinea lui stesso con l’iconica formula finale, non è solo musica, ma: “HIP is the knowledge HOP is the movement” (HIP è la conoscenza, HOP è il movimento).
Secondo il rapper, un artista che “millanta la parola Hip Hop” ma che tace su un dramma umanitario di tale portata, tradisce il mandato originario del genere, che è sempre stato quello di dare voce agli oppressi e denunciare le ingiustizie sociali.
Il controvalore del successo commerciale
L’analisi di Clementino non si ferma alla critica etica, ma si estende a quella commerciale e all’immagine pubblica.
Il rapper partenopeo contrappone la vera sostanza dell’impegno sociale al luccichio effimero del successo: “Potete avere tutti i platini del mondo… Andare alle vostre sfilate di moda da sfigati, Ma non siete nulla. Non siete Rapper Sit Munnezz!” (Siete spazzatura).
La “munnezz” (spazzatura) a cui si riferisce è il risultato di una carriera costruita solo su vendite e apparenze, svuotata di qualsiasi significato profondo.
Platini, collane d’oro, sfilate di moda: questi simboli di ricchezza e status, nel contesto della denuncia, diventano il marchio di una vendita dell’anima artistica, un baratto tra la voce e il profitto.
Il silenzio è visto, quindi, come una scelta calcolata, dettata dalla paura di “perdere qualcosa”: sponsor, contratti, posizioni in classifica.
La perdita della dignità come prezzo del silenzio
Il culmine emotivo del post è la sentenza sulla perdita subita dai colleghi: “Tranquilli già avete perso qualcosa: La dignità!”. Con questa affermazione, Clementino eleva la dignità a metro di giudizio fondamentale dell’essere umano e, di conseguenza, dell’artista. Il silenzio sul genocidio a Gaza non è solo un errore politico o morale, ma una rinuncia alla propria statura etica.
La chiosa finale, “Free Palestina” e l’hashtag #EssereUmani e #Stop a tutte le guerre del mondo!, chiariscono inequivocabilmente la posizione dell’artista, ancorando la sua critica a un appello universale di umanità e pace.
Da Clementino a Ghali: un sasso nello stagno
Il post di Clementino, con la sua inequivocabile rabbia popolare e schiettezza, ha aperto una crepa nel muro di silenzio. Poche ore dopo, il collega Ghali ha rincarato la dose, dichiarando che “Il rap è morto” e che il silenzio ha “ucciso il genere”, aggiungendo un livello di analisi sul “teatro” e la complicità.
Se Ghali ha fornito un’analisi più elaborata della morte del rap come genere di denuncia, Clementino è stato il detonatore viscerale, parlando alla pancia del pubblico con la potenza del dialetto e dell’indignazione.
Questi interventi congiunti segnano un momento di svolta, costringendo il rap italiano a confrontarsi con le sue responsabilità e a chiedersi se il vero prezzo del successo sia, come suggeriscono Clementino e Ghali, la perdita dell’anima.
