Stalking, molestie, revenge porn, si invitano le donne a denunciare ma la giustizia è lenta

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Stalking, revenge porn, molestie, frasi sessiste, argomenti purtroppo che negli ultimi giorni hanno riempito le pagine dei giornali, suscitando in alcuni sgomento, in altri stupore e purtroppo in alcuni ilarità. Come sempre allo sdegno non sono subentrate immediatamente le misure necessarie ad arginare i fenomeni, la giustizia è lenta e non sempre tutela le vittime neanche quando ci sono dei provvedimenti che limitano le azioni dei persecutori.
La vicenda Basciano-Codegoni
Paradossale è la vicenda di Alessandro Basciano e Sophie Codegoni, indagine in corso che dovrà stabilire l’archiviazione o il rinvio a giudizio del deejay in seguito alla denuncia per stalking della ex compagna, intanto un provvedimento restrittivo che non si riesce ad applicare. La Corte di Cassazione nell’aprile scorso ha accolto la richiesta del Tribunale del Riesame di Milano decretando in via definitiva il divieto di avvicinamento di Basciano a Codegoni. Misura cautelare che di fatto non è mai diventata operativa.
Per 4 mesi il braccialetto elettronico non è stato disponibile, quando finalmente, dopo il clamore suscitato dalla vicenda se ne è trovato uno, Basciano era all’estero, dove ha fatto sapere di risiedere da tempo, e non si è presentato. Alla vigilia di Ferragosto finalmente il dispositivo è stato applicato, indossato per poche ore dal deejay in quanto a causa di un incidente al pronto soccorso hanno provveduto a rimuoverlo affinché gli fossero prestate le cure necessarie.
Raggiunto da Selvaggia Lucarelli, Basciano ha anche dichiarato, come da virgolettato della giornalista, che gli erano stati prescritti un tutore e diversi giorni di riposo assoluto. Il deejay già la sera stessa era in giro per locali, avrebbe addirittura avuto tempo per fare una vacanza in montagna e poi correre in Albania per una serata. Il ragazzo per sua natura è un po’ sbruffone e provocatore e tra le righe attraverso terze persone messaggi provocatori stile Marchese del Grillo ne ha lanciati. Tutto nell’assoluto silenzio della legge. I giudici sono in ferie e per il momento il deejay è libero di circolare senza dispositivo, tra l’altro il suo avvocato ha avvertito circa l’incidente occorso al suo assistito, dal punto di vista tecnico Basciano e a posto, dal punto di vista morale un po’meno.
Chi è il vero responsabile di tutto ciò se non una giustizia che non riesce ad essere tempestiva? In tutto ciò va sottolineata la mancata solidarietà femminile nei confronti di Codegoni, per alcune donne l’influencer e modella rappresenta una donna che è riuscita ad emanciparsi, un demone per alcune che non riescono a liberarsi dalla cultura patriarcale e maschilista dalla quale sono pervase. Detto ciò nel totale silenzio e quando si pensava si fosse arrivati al primo step della vicenda, ci si ritrova ad attendere la prossima convocazione, alla quale quasi certamente seguirà un certificato medico o qual altra scappatoia legale.
Lo scandalo del gruppo Facebook “Mia Moglie”
Altra vicenda, questa legata al cyberbullismo e al revenge porn, quella legata al gruppo Facebook “Mia Moglie”, mariti che pubblicavano sui social le foto delle loro mogli ignare, colte nell’intimità. Donne che improvvisamente si sono ritrovate accanto persone con cui erano sposate da anni e di cui non ne conoscevano le perversioni. Pubblicando foto senza il consenso delle interessate si è commesso un reato, e a prescindere dal moralismo della fotografia, vi è stata alla base di tutto la mancanza di rispetto per la propria moglie o comunque per la persona che si è voluta mettere in mostra a sua insaputa su un social, come se si trattasse di merce su una bancarella. Dai commenti indecenti sotto ad ogni post il concetto di “merce” purtroppo emerge in maniera chiara e violenta.
Il gruppo era operativo da anni, segnalato alla piattaforma e attenzione, anche alla Polizia Postale, che ai tempi aveva dichiarato che essendo piattaforma di proprietà americana era impossibilitata a intervenire (sempre a proposito di tutela). Questa volta a causa del clamore suscitato dalla vicenda una informativa sul caso in Procura è stata depositata, qualche pagina per riassumere le circa 3000 (TREMILA) segnalazioni di protesta che chiedevano la chiusura del gruppo. Nell’informativa vi è anche la richiesta di indagine per identificare i soggetti che hanno pubblicato le fotografie per capire se ci fosse il consenso alla pubblicazione delle stesse.
Una trafila lunghissima che probabilmente si concluderà con un nulla di fatto, nel frattempo gli “irriducibili” del gruppo si sono trasferiti sui canali Telegram, spazio in cui in piena tranquillità continuano nel loro gioco perverso. Altri dopo essere stati scoperti dalle proprie mogli si sono cancellati dal gruppo, ci auguriamo che non ci siano mogli intrise di cultura patriarcale e maschilista tali da farle desistere dalla denuncia.
Il caso di Marzia Sardo
Ultimo caso che prendiamo in analisi è quello di Marzia Sardo, ragazza ventitreenne che in lacrime sui social ha raccontato la molestia verbale subita mentre si stava sottoponendo a una visita di controllo. Lo scorso 21 agosto la giovane si è recata presso il Policlinico Umberto I a causa di una forte emicrania. Giunta in Pronto Soccorso alle 14.30 è stata visitata alle 21.00, la molestia sarebbe avvenuta durante un esame radiologico da parte di un operatore, accusato dalla ragazza di avere pronunciato una frase fortemente offensiva e sessista.
“Il tecnico mi dice ‘leva gli orecchini’. E io ingenuamente gli chiedo: devo togliere anche il reggiseno? Perché aveva il ferretto. Lui risponde no, tanto la tac è sopra”, ha raccontato la ragazza, che poi ha continuato: “Poi, guardando i suoi colleghi, tutti maschi, dice: `Certo, se lo vuoi togliere, ci fai felici tutti´ Non so come si chiamasse, so solo che era pelato. Mi recherò all’ufficio reclami”
Degli altri colleghi maschi non ce ne è stato nessuno che abbia fatto notare all’operatore che oltre ad aver detto una fesseria, aveva pronunciato una frase che andava a colpire l’intimità di una donna? Purtroppo non ci si è arrivati a un ragionamento del genere e a proposito di solidarietà femminile in alcuni casi ci sono state donne che hanno sminuito il tutto: “E che è na molestia questa? Ma magari me la facesse il medico di mio padre che è bono. A Roma si fanno ste battute, io gli avrei risposto ‘te piacerebbe’ e tutto sarebbe finito con una risata” Il problema sta tutto qui, fino a quando ci saranno donne disposte a ridere quando gli si mancherà di rispetto, il patriarcato e il sessismo continueranno ad esserci.
In seguito alla denuncia della giovane il Policlinico Umberto I ha deciso di avviare una indagine interna per appurare “eventuali” responsabilità: “Si tratta di un approfondimento necessario anche per tutelare i nostri operatori– hanno precisato dall’ospedale – la difesa della salute pubblica e il rispetto dei pazienti sono le priorità del nostro quotidiano, sulle quali non è possibile fare eccezione alcuna”. Non sappiamo come andrà a finire, ma un vago sospetto lo abbiamo.
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