Ten dei Pearl Jam: la genesi di una leggenda del rock e il simbolo di un’epoca

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Non è solo un album. È una dichiarazione di intenti, un manifesto di angoscia e speranza che ha definito un’intera generazione. Trent’anni dopo la sua uscita, Ten dei Pearl Jam non ha perso un grammo del suo impatto emotivo e della sua potenza sonora.
Pubblicato il 27 agosto 1991, questo album d’esordio non fu un successo immediato, ma divenne la colonna sonora del movimento grunge, un inno per i disadattati e un capolavoro senza tempo. Ma come è nato questo disco? E quali segreti si celano dietro le sue tracce più iconiche?
Dalle Ceneri dei Mother Love Bone
La storia di Ten inizia in un momento di profondo lutto. Dopo la tragica morte del carismatico frontman dei Mother Love Bone, Andrew Wood, i suoi compagni di band, il chitarrista Stone Gossard e il bassista Jeff Ament, si ritrovarono a un bivio.
Invece di arrendersi, decisero di incanalare il loro dolore nella creazione di nuova musica. Reclutarono il virtuoso chitarrista Mike McCready, e i tre iniziarono a registrare alcune demo strumentali.
Una di queste, la Mamma-Son Demo, finì nelle mani di un giovane e promettente cantante di San Diego, un surfista di nome Eddie Vedder.
Vedder ascoltò la musica, che lo ispirò a tal punto da scrivere i testi e registrare le sue parti vocali in tre giorni, creando una “trilogia” di canzoni che affrontavano tematiche personali e dolorose: Alive, Once e Footsteps.
Quelle demo, che raccontavano una storia semi-autobiografica di abusi e scoperte sconvolgenti, colpirono profondamente Gossard e Ament. Vedder fu invitato a Seattle, dove incontrò gli altri membri e il batterista Dave Krusen.
Insieme, entrarono in studio e iniziarono a lavorare su quello che sarebbe diventato Ten.
Il Titolo e l’Eredità del Basket
Il nome “Pearl Jam” venne scelto dopo un breve periodo in cui la band si faceva chiamare “Mookie Blaylock”, in onore del loro idolo, il cestista dei New Jersey Nets.
Per onorare ulteriormente il giocatore, l’album fu intitolato Ten, il numero della sua maglia. Questa scelta, apparentemente casuale, divenne un simbolo di lealtà e amicizia, valori che avrebbero definito l’etica della band per tutta la loro carriera.
La copertina, una foto inizialmente in bianco e nero scattata da Lance Mercer, mostra i membri della band accalcati e quasi mimetizzati, un’immagine che riflette l’approccio schivo e anti-divistico che i Pearl Jam avrebbero sempre mantenuto.
Un Viaggio nelle Profondità dell’Anima
Ten è un album oscuro e catartico. Le sue canzoni sono racconti di lotta, solitudine e disperazione. Alive è un inno rock che parte da una storia di dolore per trasformarsi in un grido di resilienza.
Even Flow dipinge un quadro crudo della vita di un senzatetto, con un riff di chitarra funky e un’energia viscerale. Jeremy, ispirata a un fatto di cronaca, affronta il tema del suicidio adolescenziale e il video associato divenne un caso mediatico, spingendo MTV a censurare alcune scene.
Ma forse la canzone più amata e straziante dell’album è Black. Questa ballata, che Vedder ha spesso esitato a suonare dal vivo, è una delle più potenti mai scritte dalla band.
Le sue parole, “I know someday you’ll have a beautiful life, I know you’ll be a star in somebody else’s sky, but why, why, why can’t it be, why can’t it be mine?” risuonano come un’eco di un amore perduto, un dolore universale che ha toccato milioni di ascoltatori.
L’Ascesa Lenta e Inesorabile
A differenza dei loro contemporanei Nirvana, che esplosero con un successo istantaneo, il successo di Ten fu graduale.
I Pearl Jam si rifiutarono di girare video per ogni singolo e mantennero un profilo basso. Ma il passaparola, l’esposizione su MTV e la forza delle loro performance dal vivo spinsero l’album verso l’alto delle classifiche.
Raggiunse il numero 2 della Billboard 200, vendendo milioni di copie e restando in classifica per quasi cinque anni.
Ten ha venduto oltre 13 milioni di copie negli Stati Uniti, diventando uno degli album di debutto più venduti di sempre. Più che un semplice disco, è diventato un’esperienza, un punto di riferimento per chiunque si sentisse alienato, arrabbiato o in cerca di un posto nel mondo.
Ha dimostrato che il rock poteva ancora essere rilevante, onesto e profondamente umano. A distanza di decenni, l’eco di quelle chitarre, della voce inconfondibile di Vedder e dei suoi testi potenti continua a risuonare, confermando Ten come un capolavoro immortale.