
#image_title
Nel suo momento di massima esposizione, The Weeknd, al secolo Abel Tesfaye, ha vissuto il suo crollo più profondo.
Era il 2022, e stava concludendo un tour negli stadi mentre girava le ultime scene della sua serie HBO The Idol. Una sera, durante un concerto al SoFi Stadium di Los Angeles davanti a 80.000 persone, si è accorto di non riuscire più a cantare.
“Sono corso dietro le quinte per cercare il mio vocal coach: non riesco a cantare, non esce”, ha raccontato in un’intervista al Guardian. “E quello che ho scoperto in seguito è che stavo avendo un attacco di panico. Non era un infortunio fisico. Era più qui sopra” – indica la testa – “che qui” – la gola.

Quell’esperienza lo ha trasformato. Non poteva più rifugiarsi nel palco, nella performance, nella musica. Doveva affrontare sé stesso.
Il risultato è Hurry Up Tomorrow, thriller psicologico e album omonimo, co-scritto e interpretato da Tesfaye e diretto da Trey Edward Shults.
Il film si nutre di esperienze reali: lo stress, la rottura di una relazione, la voce perduta, la fame di successo che si fa tossica. Tesfaye interpreta una versione fittizia di sé stesso: una star perseguitata da un manager invadente (Barry Keoghan) e da una fan instabile (Jenna Ortega) che diventa simbolo del suo inconscio inquieto.

Girato in pellicola 35mm, il film è visivamente mozzafiato, ma narrativamente discontinuo. Una parte del pubblico lo ha accolto come un’opera d’arte ambiziosa, altri lo hanno criticato come un video musicale lungo e pretenzioso.
“Domani è una battuta troppo torbida, tortuosa e autoindulgente perché il pubblico la ricordi per più dei suoi momenti di sorrisetto”, ha scritto il Guardian nella sua recensione.
Ma per Tesfaye il senso era altrove: Hurry Up Tomorrow rappresenta una chiusura di capitolo. “Sono grato di poter filmare il mio personaggio in 35mm e dargli fuoco”, ha detto al Guardian, seduto in una suite del Four Seasons.
“The Weeknd sembrava un film lungo 15 anni. Ora posso dire: stop. E con questo si chiude”.
Con una carriera che ha sfornato la canzone più ascoltata di tutti i tempi su Spotify (Blinding Lights, che ha superato i 5 miliardi di streaming), Tesfaye sente che ha detto tutto.
“Qualunque missione avessi a 18 anni, l’ho fatta dieci volte tanto. A questo punto diventa avidità, è un peccato. Letteralmente!”. Ma non è un ritiro annunciato. Come dice lui stesso: “Ho un tour, quindi non voglio confondere nessuno”.
Il futuro, però, sembra portarlo lontano da Los Angeles. “Non sono mai stato in Etiopia”, ha detto, parlando del suo desiderio di riconnettersi con le sue origini. “Spiritualmente, emotivamente, creativamente… devo riconnettermi con tutto di me stesso”.
In Hurry Up Tomorrow c’è un tema ricorrente: il vuoto. Lo stesso vuoto di cui parlava nel raccontare il momento in cui ha perso la voce, o quando spiegava che il successo, a un certo punto, era diventato solo un modo per “riempire un vuoto”.
E ora? “Le cose semplici: il tempo con le persone che ami. E il sonno. Non mi ero reso conto di quanto fosse necessario il sonno nella mia vita”.
Forse è proprio questo il segnale che la metamorfosi è reale. Non un addio teatrale, ma un ritorno a sé stessi. Non più The Weeknd, ma Abel Tesfaye. E questa volta, con la voce che non fugge.
Il film Hurry Up Tomorrow esce al cinema oggi, 16 maggio, lo stesso giorno in cui è viene pubblicato anche l’omonimo album.