Victoria Roshchyna: la Russia restituisce il corpo

#image_title
Dopo mesi di silenzio e mistero, il corpo della giornalista ucraina Victoria Roshchyna, scomparsa nell’agosto del 2023 in un’area dell’Ucraina occupata dalla Russia, è stato finalmente restituito a Kiev.
La notizia è stata confermata giovedì dal deputato ucraino Yaroslav Yurchyshyn, che ha parlato di un lungo processo di identificazione, reso difficile dalle condizioni del corpo e dalle evidenti tracce di tortura.
La Roshchyna, 27 anni, freelance coraggiosa nota per i suoi reportage dai fronti più pericolosi della guerra, era entrata nei territori occupati nella regione di Zaporizhia passando dalla Russia, per raccontare ciò che accadeva in prima linea.
Di lei si persero le tracce fino all’aprile 2024, quando il padre ricevette una lettera ufficiale dal Ministero della Difesa russo che confermava la sua detenzione.
Tuttavia, nessuna informazione era stata resa pubblica circa le circostanze del suo arresto o le condizioni della prigionia.
La notizia della sua morte è emersa solo nell’ottobre 2024, ma senza alcuna conferma ufficiale. Soltanto ora si apprende che il suo corpo è stato restituito nel febbraio 2025 nell’ambito di uno scambio di prigionieri, mantenuto segreto fino alla conferma definitiva della sua identità, ottenuta dopo ripetuti esami del DNA.
Un’inchiesta condotta da Reporter senza Frontiere insieme al collettivo giornalistico ucraino Slidstvo.Info ha ricostruito i movimenti della giornalista dopo la scomparsa.
Arrestata a Energodar, città occupata nel sud dell’Ucraina, Roshchyna è stata trasferita a Melitopol e infine deportata in Russia, nella prigione della città portuale di Taganrog. Qui, secondo le testimonianze raccolte, avrebbe subito gravi abusi: ferite da coltello, digiuni forzati e condizioni di detenzione estreme, che avrebbero portato al suo decesso.
Le autorità russe non hanno fornito spiegazioni ufficiali né sulle cause della morte, né sul trattamento riservato alla giornalista.
Sebbene Mosca affermi di “indagare” su casi di tortura nelle proprie carceri, numerose organizzazioni per i diritti umani denunciano sistematici abusi, con migliaia di ucraini detenuti arbitrariamente nei territori occupati o in prigioni russe, spesso senza accuse formali e senza accesso ad avvocati.
La Roshchyna era già stata arrestata brevemente nel marzo 2022, sempre da forze russe, mentre documentava la guerra nel sud-est del Paese.
Nonostante ciò, aveva continuato a lavorare per testate come Ukrainska Pravda, Radio Free Europe e altri media indipendenti. Per il suo coraggio, nel 2022 aveva ricevuto il premio internazionale Courage in Journalism, assegnato dalla International Women’s Media Foundation.
Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) ha condannato apertamente la Russia, dichiarando che “la responsabilità della sua morte ricade sulle autorità russe, che l’hanno incarcerata per aver osato raccontare la verità”.
Il caso di Victoria Roshchyna non è isolato, ma simbolico. “La sua scomparsa non è solo la perdita di una donna straordinaria, ma anche di un’intrepida testimone della storia”, ha dichiarato l’International Women’s Media Foundation.
La comunità internazionale è ora chiamata a reagire, a indagare, a non lasciare che la sua morte cada nel silenzio. Perché, come ha sottolineato lo stesso CPJ, “è morta perché ha osato dire la verità”.