Giuni Russo “Un’estate al mare” più che un tormentone un grido di libertà

É il 1982, l’Italia ha appena vinto il campionato mondiale di calcio e le radio suonano all’impazzata Un’estate al mare, ancora oggi canzone simbolo dell’estate italiana.
Il brano ha un successo incredibile, conquista la prima posizione in classifica il 7 agosto 1982 e lì rimane, contro ogni pronostico, fino a novembre.
L’epoca è quella in cui la musica si ascoltava con i jukebox, le radioline e dei primi walkman, appannaggio ancora di pochi; nessun Spotify, per gli smartphone avremmo dovuto attendere ancora 20 anni, niente musica digitale.
Il testo è di Franco Battiato ed è interpretato da una splendida Giuni Russo, con la sua voce inimitabile, capace di trasformare quella che sembra una semplice canzonetta in un esercizio canoro con un crescendo di tonalità che ancora oggi farebbe invidia a tante artiste, per quanto brave.
Il caldo sole d’agosto, l’acqua rinfrescante del mare, spiagge affollate ed il profumo della salsedine sulla pelle, creme solari e latte di cocco: immagini che dopo quarantadue anni non sono cambiate, cristallizzate nel tempo e nello spazio.
Certo se ci si ferma al ritornello, si fa fatica a riportare al maestro Battiato un brano tanto nazional popolare anche se quelli che oggi sono letti come cliché, all’epoca, dove la “normalità” era di casa, dove il politically correct non esisteva nemmeno embrionalmente come concetto, cantare la vita di tutti i giorni era l’unico modo di fare musica, quantomeno in Italia.
Tutto ciò se, appunto ci si ferma al ritornello.
Un’estate al mare, però, è molto di più. Nessuna parola, nel testo, è lasciata al caso o messa lì a supporto del ritmo o della rima.
Già la prima strofa, “Per le strade mercenarie del sesso”, ci dovrebbe dare l’idea che Battiato era molto lontano da voler scrivere quello che oggi verrebbe etichettato come un “tormentone”.
Le atmosfere oniriche e surreali ci riportano ad uno scenario ben diverso da quello delle tipiche atmosfere estive
“Sopra i ponti delle autostrade
C’è qualcuno fermo che ci saluta
Senti questa pelle com’è profumata
Mi ricorda l’olio di Tahiti
Nelle sere quando c’era freddo
Si bruciavano le gomme d’automobili”
Le vacanze diventano un privilegio, una sorta di bolla in cui, per un po’, si possono mettere in stand by preoccupazioni e difficoltà che la vita ci riserva.
Tutto fa pensare che a cantare sia una prostituta e che la canzone non sia altro che il desiderio di libertà nascosto in cose che ai più risultano scontate ma che per lei sono una conquista.
Giuni Russo coglie subito il vero senso del testo e riesce a dare forma al pensiero di Battiato in modo naturale, senza inutili o artefatti pathos.
Successivamente, in un intervista, è lei stessa a spiegare il significato del brano: non una semplice canzonetta ma manifesto contro la violenza sulle donne:
“Un’estate al mare è per me un manifesto contro ogni forma di violenza sulle donne. Il desiderio di libertà, che nel caso della canzone si riconduce al desiderio di andare al mare, ma nel nostro quotidiano richiama la voglia e la libertà di vestirsi, di ubriacarsi, di poter tornare tardi la notte senza dover aver paura di esser uccisa e/o stuprata. La Libertà della donna.”
Parole quanto mai attuali ma che forse, all’epoca, la società non era ancora pronta a recepire, a metabolizzare e forse non lo è neanche adesso.