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L’8 maggio 1970 segna una data storica per la musica: viene pubblicato Let It Be, l’ultimo album in studio dei Beatles. Nonostante sia l’ultimo a vedere la luce, fu registrato prima di Abbey Road e rappresenta l’epilogo di una delle avventure artistiche più straordinarie del Novecento.
Tra tensioni interne, speranze di rinascita e un ultimo slancio creativo, Let It Be racconta la fine e, allo stesso tempo, la grandezza di un’epoca.
Un’idea semplice, una fine complessa
Nel cuore del 1969, Paul McCartney sentiva il bisogno di riportare i Beatles alle origini. Dopo gli esperimenti in studio degli anni precedenti, l’idea era tornare alla semplicità: suonare dal vivo, registrare “alla vecchia maniera”, senza trucchi o sovraincisioni. Il progetto prese inizialmente il nome di Get Back.
Le registrazioni iniziarono negli studi cinematografici di Twickenham, ma la situazione si rivelò rapidamente problematica.
Le tensioni tra i membri del gruppo erano ormai insanabili, George Harrison lasciò temporaneamente la band, e l’ambiente creativo era soffocante. A risollevare almeno parzialmente il clima fu l’arrivo del tastierista Billy Preston, il cui entusiasmo contribuì a portare un po’ di leggerezza tra i Beatles.
Le sessioni proseguirono agli Apple Studios, e culminarono nel leggendario “concerto sul tetto” del 30 gennaio 1969, l’ultima esibizione pubblica della band.
Alcune tracce vennero registrate dal vivo in quell’occasione, donando all’album un’autenticità rara.
Phil Spector e le tensioni artistiche
Nonostante il materiale fosse pronto, l’album restò in sospeso per oltre un anno. A completarlo fu chiamato Phil Spector, celebre per il suo “Wall of Sound”.
Le sue scelte produttive divisero i membri del gruppo, in particolare Paul McCartney, che disapprovò fortemente l’arrangiamento orchestrale di The Long and Winding Road, sentendolo troppo distante dallo spirito originale del progetto.
Spector aggiunse archi, cori e un tocco grandioso a diverse tracce, dando all’album un’atmosfera più solenne e rifinita rispetto all’idea iniziale. Il contrasto tra la spontaneità cercata e la produzione elaborata segnò simbolicamente la frattura ormai irreversibile all’interno della band.
Uno stile multiforme, specchio della fine
Let It Be è un disco variegato, proprio come la band che lo ha creato. Al suo interno convivono:
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brani rock dalle radici profonde, come Get Back e One After 909, che ricordano i primi Beatles;
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ballate struggenti come The Long and Winding Road e Let It Be, intrise di malinconia e riflessione;
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momenti di poesia pura, come Across the Universe, onirica e spirituale;
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episodi più spigolosi e concettuali, come I Me Mine, ultimo brano registrato dai Beatles e riflessione sull’ego.
C’è spazio anche per improvvisazioni come Dig It e la breve folk-song tradizionale Maggie Mae, che mostrano l’anima più leggera e giocosa della band, quasi in contrasto con il peso emotivo dell’album.
I brani simbolo
Tra tutte le tracce, alcune hanno segnato indelebilmente la storia della musica:
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Let It Be: scritta da McCartney ispirandosi a un sogno in cui la madre defunta gli diceva di “lasciar correre”, è un inno alla pace interiore e alla resilienza.
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Get Back: energica e grintosa, mostra i Beatles ancora capaci di far vibrare il rock con semplicità e immediatezza.
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The Long and Winding Road: una ballata che sembra un addio, dove la lunga strada del titolo pare alludere al cammino della band stessa.
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Across the Universe: uno dei testi più poetici scritti da Lennon, con la celebre frase “nothing’s gonna change my world”.
Nonostante la travagliata genesi, Let It Be fu un successo commerciale, raggiungendo il primo posto nelle classifiche in Regno Unito e Stati Uniti.
Rappresentò la chiusura di un ciclo irripetibile, e al tempo stesso divenne un monumento al talento, alla fragilità e all’umanità dei Beatles.
Nel 2003, McCartney volle rimediare alla produzione di Spector e fece pubblicare Let It Be… Naked, una versione più asciutta e fedele all’idea originaria: niente archi, niente cori, solo i Beatles, come volevano essere ascoltati.
Let It Be non è solo l’ultimo album dei Beatles. È un documento umano e musicale, un’opera imperfetta ma sincera, capace di raccontare non solo la fine di una band, ma anche il tempo in cui quella band ha cambiato il mondo. Tra sogni, rimpianti e desiderio di pace, Let It Be ci lascia con un messaggio semplice e universale: lasciar correre, accettare, andare avanti.