Omicidio Nada Cella, ascoltate le minacce della Cecere

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E’ ripreso a Genova il processo per l’omicidio di Nada Cella, uccisa il 6 maggio 1996 a Chiavari, nello studio di Marco Soracco, il commercialista presso cui lavorava. La morte della giovane è uno dei cold case a cui investigatori e magistrati non sono riusciti a dare risposte tantomeno a trovare un colpevole. Il caso è stato riaperto grazie alle ricerche di una giovane criminologa, Antonella Delfino Pesce, che studiando il caso per motivi di studio, ha scoperto l’esistenza di due possibili testimoni a cui all’epoca del reato gli inquirenti avevano dato poco peso.
Giovedì 8 maggio è stata ascoltata proprio la Delfino Pesce in qualità di testimone, la criminologa ha raccontato l’incontro avvenuto nel 2019 con Anna Lucia Cecere, la principale sospettata per l’omicidio. La teste ha riferito alla corte anche circa i messaggi e le telefonate piene di minacce, ricevuti proprio dalla Cecere. La criminologa ha fatto anche chiarezza sulla sua amicizia con Marco Soracco, tuttora indagato per favoreggiamento, precisando che tale rapporto è stato interrotto dopo la riapertura del caso nel 2021.
Movente la gelosia di Anna Lucia Cecere
Secondo l’accusa, Anna Lucia Cecere era ossessionata da Marco Soracco, era innamorata non ricambiata dal medesimo. Tale ossessione per l’uomo la avrebbe portata a sfogare il suo rancore contro la vittima vista come una potenziale rivale in amore, da qui l’omicidio al fine di prendere il suo posto lavorativo per provare a entrare nelle grazie del commercialista.
Dopo il clamore suscitato dal caso che la aveva vista tra le maggiori indiziate, la Cecere si era trasferita in Piemonte in provincia di Cuneo, facendo perdere le sue tracce, nel frattempo il caso venne chiuso senza un colpevole. E’ stata rintracciata anni dopo dalla Delfino Pesce che in quel periodo stava lavorando sul caso, un rapporto all’inizio di collaborazione fino a quando la criminologa non ha cominciato a collaborare con gli inquirenti nel tentativo di far ripartire le indagini.
E’ da quel momento che sarebbero partite le minacce della Cecere nei confronti della Delfino Pesce (“il mio cane ti spappola viva”, “ti trascino per i capelli”…). I legali della Cecere negano ogni responsabilità della loro assistita, ma gli elementi emersi fino a questo momento, comprese testimonianze e messaggi vocali, sembrano pesare sempre di più sull’imputata andando a definire un quadro accusatorio molto solido.
L’omicidio di Nada Cella
Il 6 maggio 1996, a Chiavari, nello studio del commercialista Marco Soracco viene rinvenuto il cadavere di Nada Cella, ventiquattrenne segretaria del medesimo. Il commercialista, in un primo momento principale indagato per l’omicidio, viene interrogato più volte e l’abitazione perquisita minuziosamente, ma contro di lui non vengono trovate prove tali da incriminarlo.
Successivamente, grazie alla testimonianza di una persona, viene alla luce il nome di Anna Lucia Cecere. Secondo la testimone la donna, era innamorata di Soracco e voleva prendere anche il posto occupato dalla Cella nello studio. Quando il clamore per l’omicidio si attenua la Cecere si trasferisce in Piemonte, vicino Cuneo, dove lavora fino al 2017 quando è costretta a lasciare il lavoro per motivi disciplinari la cui identità è poco nota.
Da quel momento si perdono le sue tracce fino al 2021, quando viene aperta una nuova inchiesta sul delitto, grazie alle ricerche svolte privatamente da Antonella Delfino Pesce, una genetista dell’Università di Bari che dopo aver frequentato a Genova un master in criminologia, comincia a studiare il caso di Nada Cella, dopo che allo stesso master è stato analizzato come delitto irrisolto.
La Delfino Pesce studiando l’inchiesta scopre l’esistenza di due testimoni che la mattina del delitto avevano visto una donna somigliante alla Cecere uscire dal palazzo in cui c’era lo studio di Soracco, e che da una successiva perlustrazione in casa della Cecere erano stati trovati in una scatola, cinque bottoni di una giacca di jeans, abbastanza compatibile a quella trovata sulla scena del delitto. La Cecere all’epoca dichiarò appartenessero ad una giacca del suo ex fidanzato ma, dopo una comparazione fotografica con quello trovato nello studio di Soracco, anche quella pista è stata abbandonata.
Sempre nel 2021, grazie all’evoluzione delle tecnologie, sono stati individuati due profili di Dna maschile e femminile su una sedia dell’ufficio e sugli indumenti di Nada Cella, senza però trovare una corrispondenza per quei due profili. Su queste basi il tribunale aveva deciso di non rinviare a giudizio i tre indagati, scelta che è stata ribaltata nel novembre scorso dalla Corte d’Appello.
La tesi della Procura è che Anna Lucia Cecere, all’epoca 28enne, fosse innamorata del commercialista Soracco, che aveva conosciuto ad una scuola di ballo, e fosse diventata gelosa della sua segretaria, Nada Cella. Pertanto il giorno del delitto l’avrebbe affrontata e uccisa nello studio dell’uomo che amava. Il processo è cominciato il 6 febbraio, e oltre la Cecere coinvolge lo stesso commercialista Soracco, mentre sua madre Marisa Bacchioni, accusata di favoreggiamento e falsa testimonianza insieme al figlio, è stata giudicata lo scorso 13 marzo dalla corte incapace di intendere e di volere nonché di non essere più in grado di sostenere un processo
Restano da definire comunque i motivi per cui madre e figlio abbiamo voluto coprire la Cecere, il commercialista fino a oggi ha sempre negato di aver protetto qualcuno.
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