Venere in Musica, Salif Keita, spiritualità, ritmo e tradizione africana

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La terza serata di Venere in Musica ha lasciato spazio alla tradizione e alle sonorità africane con la performance di colui che è giustamente ritenuto uno dei maggiori innovatori delle sonorità africane tradizionali, il cantante e musicista maliano Salif Keita. La sua è una storia turbolenta che lo ha costretto a girare il mondo e acquisire esperienze internazionali che lo hanno portato a diventare esponente di punta della world music.
La storia
Discendente diretto di Sundiata Keita, fondatore dell’impero del Mali, l’artista, ora settantacinquenne, si è trovato ad essere osteggiato dalla sua famiglia proprio per la sua passione per la musica e la decisione di diventare cantante. Nella tradizione maliana la musica è infatti tradizionalmente riservata alla casta dei griot e non a una stirpe regale. A tutto ciò si aggiunge il suo albinismo, considerato nella cultura Mandinka segno di grande sfortuna, un binomio di situazioni che lo hanno portato ad essere emarginato dalla sua gente.
L’ultimo album e l’esibizione davanti al Colosseo
Tutte le influenze acquisite, dai ritmi afro cubani passando per la chanson francese fino a trovare contaminazioni artistiche nel rock e nel soul, lo hanno portato a inserire tutte queste esperienze nel suo ultimo album, “So Kono“, nel quale per la prima volta nella sua lunga carriera, ha lasciato spazio a una dimensione esclusivamente acustica ed estremamente originale.
Il disco è nato da una ennesima esperienza come viaggiatore, questa volta in Giappone, l’opera è ispirata dalla spiritualità di un tempio Zen, ne è sortito un prodotto intimo ed essenziale che lo riconnette alle sue radici e all’amore per la sua chitarra. Tutto ciò Salif lo ha portato il 21 giugno sul palco della manifestazione capitolina sotto lo sguardo severo delle rovine della Roma antica e del Colosseo.
L’artista ha alternato brani celebri ispirati alla sua terra, o di condanna verso la guerra quali “Wamba”, “Soro”, “Souareba”, “Cono”, ai nuovi, “Cherie”, “Soundiata”, “Tassi”, “Proud”, nati dall’esperienza giapponese. Ne è sortito un mix di cultura, tradizione e atmosfera che ha catturato il pubblico per circa due ore di esibizione.
Alla fine spazio anche per due canti corali culminati sul palco quasi in una danza tribale, il pubblico è tornato a casa con un po’ di Africa e la consapevolezza di avere assistito alla performance di un artista innamorato della musica che non perde occasione di sperimentare e proporsi in vesti diverse.
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