Napoli, baby gang armate: 16 arresti per due omicidi

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È inquietante lo scenario emerso da una maxi-operazione condotta dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri di Napoli, che ha portato all’arresto di 16 giovani, tra cui ben 6 minorenni.
Un’intera generazione che cresce tra violenza, pistole e social network, dove l’apparenza e la dimostrazione di forza valgono più della vita.
L’indagine ha fatto luce su due efferati omicidi avvenuti negli ultimi mesi nel capoluogo partenopeo: quello di Emanuele Tufano, appena 15enne, ucciso il 24 ottobre 2024, e quello di Emanuele Durante, 20 anni, assassinato il 15 marzo scorso.
Dietro questi due delitti si cela una realtà drammatica: gruppi criminali composti da giovanissimi, legati o ispirati ai clan camorristici, che si contendono il controllo del territorio a colpi di pistola, esibendo le armi sui social e replicando metodi tipicamente mafiosi.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Tufano è stato ucciso durante un vero e proprio scontro armato tra due bande rivali di adolescenti provenienti dai quartieri Sanità e Mercato.
Lo scontro, avvenuto in pieno centro, è stato descritto come una “scorribanda armata” in cui sono state utilizzate almeno cinque pistole e sparati numerosi colpi ad altezza d’uomo. L’epilogo tragico: Tufano è stato colpito e ucciso per errore da uno dei ragazzi del suo stesso gruppo.
Le indagini hanno permesso di individuare 14 partecipanti a quella sparatoria, tra cui 6 minori, tutti destinatari di provvedimenti cautelari.
Le motivazioni dietro lo scontro rimandano a un conflitto tra gruppi criminali emergenti, che cercano di affermare il proprio predominio attraverso la violenza e l’intimidazione.
Ma la spirale di sangue non si è fermata. Il secondo omicidio, quello di Durante, è stato pianificato come atto di vendetta e riaffermazione del potere del clan Sequino, attivo nel quartiere Sanità.
Secondo quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri, l’uccisione di Durante non sarebbe stata motivata solo da desideri di vendetta per la morte di Tufano, ma soprattutto da una precisa volontà strategica: ristabilire l’autorità del clan Sequino, recentemente rinvigorito dal ritorno in libertà di diversi affiliati.
Le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno immortalato il raid omicida e permesso agli investigatori di identificare i responsabili.
La Procura di Napoli parla esplicitamente di “metodi camorristici” adottati da ragazzi poco più che bambini. Il linguaggio della morte, della prepotenza e dell’omertà si è fatto largo tra le nuove generazioni, contaminando quartieri storici e alimentando una criminalità sempre più giovane e spietata. Una realtà dove, spesso, l’unico futuro possibile appare quello armato.