Levante, tra musica, maternità e il debutto in TV

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Claudia Lagona, in arte Levante, ha imparato a guardarsi dentro senza paura. Dopo oltre un decennio sotto i riflettori, tra dischi di successo, romanzi e palchi affollati, oggi racconta una fase della vita fatta di riconciliazioni: con la sua musica, con il passato e con sé stessa.
“Ho cercato di allontanarmi il più possibile da quella che ero, per non dare un’unica impressione di me”, confida a Vanity Fair, durante un’intervista via Zoom, con indosso una t-shirt a righe e un cappello rosa indossato al contrario.
In questo nuovo equilibrio trova spazio MaiMai, il suo ultimo singolo, che richiama le atmosfere ironiche degli esordi ma con una consapevolezza diversa.
Non è solo un ritorno musicale: Levante si è aperta anche alla recitazione, debuttando in una miniserie Rai su Matteo Messina Denaro accanto a Lino Guanciale.
Un’esperienza che l’ha sorpresa: “Se me lo avessero chiesto qualche anno fa, avrei detto di no. Ma ho imparato a seguire il cuore”.
Levante, infatti, rifiuta le etichette e difende con forza il diritto degli artisti a esprimersi in più forme. “Quando è uscito il mio primo romanzo mi dicevano: ‘Scrivi o fai canzoni?’. Facciamo fatica ad accettare che un’artista possa esercitare la sua arte a 360 gradi”.
E aggiunge: “Senza voler tornare per forza a certi discorsi sul femminismo, penso che il fatto di essere femmine c’entri con un certo tipo di critica”.
Oggi è anche madre di Alma Futura, una bambina che cresce con l’esempio concreto di una famiglia equilibrata.
“Io e Pietro cerchiamo di darle un esempio positivo. In casa, sono io quella che guida e non Pietro. È importante che certe cose le assorba come normali”.
Ma la maternità ha aperto anche nuove ferite. “Durante il post-parto ho capito che dovevo darmi l’opportunità di vivere l’abisso senza dimostrare a tutti i costi di essere forte”.
In terapia ha imparato a guardarsi dentro, ad affrontare le sue “stanze buie” e a convivere con l’ego. “L’ego è collegato alle nostre ferite. La mia? Dimostrare a mio padre che ero brava”. E mentre si commuove nel ricordarlo, confessa: “Forse è per questo che sono rimasta un’eterna bambina”.
Ma Levante non ha paura dell’età. Anzi, ne parla con disarmante serenità.
“Quando me lo chiedono, dico che ho 40 anni anche se ne ho 38. Non vedo l’ora di averne 60, perché mi piace l’idea di invecchiare. Anche perché, se non invecchiamo, l’alternativa è decisamente meno allettante”.
Un racconto intimo, lucido e potente, che attraversa musica, maternità, dolore, rinascita. Levante non è più solo la ragazza di “Alfonso”: è una donna che ha imparato ad abbracciare la leggerezza senza vergogna e a sistemare, con pazienza e verità, ciò che dentro e fuori di sé si era rotto.