Omicidio Cecchettin, Turetta, la devastante deposizione, ci fu premeditazione

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Sei ore e mezza di interrogatorio per Filippo Turetta, omicida reo confesso della fidanzata Giulia Cecchettin. Non ci saranno ulteriori audizioni dell’imputato, essendo state esaurite le domande del pm, delle parti civili e della difesa. Il 25 e 26 novembre ci sarà il dibattito per arrivare il 3 dicembre alla sentenza. A parte le notizie tecniche sul calendario delle sedute che porteranno all’epilogo del primo grado di giudizio, ciò che rimane dopo l’interrogatorio di Turetta è il profilo di un assassino che ha studiato nei minimi particolari l’atto criminoso che aveva intenzione di compiere, l’istinto omicida nato, da ciò che si evince, da un complesso di inferiorità nei confronti della vittima, l’idea di possesso e la disabitudine al “no”. Il profilo di un ragazzo viziato, insicuro e inconcludente, che ha sfogato la sua rabbia omicida sulla fidanzata.
Turetta era ossessionato da Giulia, lei si sentiva perseguitata da lui, attenzioni soffocanti e continue che hanno portato la vittima a presentarsi all’incontro fatale con il suo assassino, probabilmente con l’intento di chiudere i rapporti per sempre. Turetta ha parlato senza mai guardare negli occhi il padre di Giulia, in Aula a pochi metri da lui:
“L’ho uccisa perché non voleva tornare con me…non era più cosa mia”. Proprio così, “cosa mia”, parole dettate dal pensiero radicato nella nostra cultura, per cui essere uomini presuppone superiorità e potere sulle donne, tali da farle diventare di proprietà. La vera tragedia, oltre la morte atroce di una giovane, è rendersi conto che tali pensieri, riconducibili al patriarcato, erano e sono radicati nella testa di un ragazzo di 24 anni.
“I coltelli non li ho messi per suicidarmi, come ho detto nel primo interrogatorio, ma sempre al fine di..…. eventualmente aggredirla- ha ammesso Turetta, per poi qualche minuto più tardi entrare nello specifico e raccontare cosa è accaduto l’11 novembre 2023 – Deve esserci stato un momento in cui nel tragitto lei si muoveva e magari volevo farla stare ferma. Mi sono girato e l’ho colpita, una volta alla coscia, anche se non guardavo bene dove colpivo, un po’ a caso“
Poi ha continuato il racconto dell’omicidio con una lucidità disarmante, come se stesse raccontando la sequenza di un film :
“Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse cosi, ho preso uno dei coltelli e sono uscito fuori di corsa per fermarla. Non ricordo esattamente. Poi l’ho presa per il braccio e lei è caduta, penso che abbia sbattuto la testa contro il terreno. Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì“
Turetta ha detto di non ricordare quante volte abbia colpito Giulia, l’autopsia ha decretato che le coltellate siano state 75:
“Avendola colpita in tre momenti deve essere stato, non so, un insieme. Soprattutto a Fossó devo averla colpita più volte. Avevo detto 12-13, ma in realtà sono di più. Ho iniziato a colpire con il coltello, avrei voluto dare un colpo al collo, forse meno doloroso, ma lei si difendeva con entrambe le braccia e così ho iniziato a colpire più velocemente possibile senza neanche guardare”
L’omicida ha anche ammesso di avere sottratto il telefono cellulare a Giulia:
“Dopo Vigonovo, dopo averla spinta in macchina, devo aver preso il suo cellulare e averlo allontanato da lei o forse era nella sua borsetta che avevo preso per impedirle che chiamasse“
Il cellulare, come anche il pc dove era stata salvata la tesi di laurea che Giulia avrebbe dovuto discutere da lì a pochi giorni, non sono stati mai più ritrovati.
La morte di Giulia Cecchettin è un copione già scritto e purtroppo adottato e seguito da altri, in cui l’uomo ha lo ius vitae et necis sulla donna, in cui si uccide per un amore tossico e malato o per liberarsi di una donna il più delle volte più intelligente e più centrata
“Vado via, non ho bisogno di restare, ho capito chi è Filippo Turetta” ha commentato Gino Cecchettin, padre di Giulia, alla fine dell’udienza. Il fatto è che chi è Filippo Turetta dovrebbero cominciare a capirlo subito tutti, perchè in circolazione ce ne sono tanti. Lo dovrebbero capire le adolescenti quando i propri coetanei con cui stanno vivendo le prime esperienze amorose, impongono loro di controllare i messaggi sul telefono, di non uscire, di non vestirsi in un certo modo, di non stare sui social o andare a studiare in un’altra città. I ragazzi e gli uomini che lo fanno pensano di essere più forti e le famiglie che se ne rendono conto non devono sottovalutarne il comportamento ma soprattutto esaltarlo e giustificarlo.
Educazione alla affettività, se ne sente tanto parlare ad ogni femminicidio, quando le chiacchiere lasceranno il posto ai fatti? Non lo sappiamo, intanto lo Stato continua a non tutelare le donne vittime di stalking e violenze. La morte di Giulia Cecchettin era stata assunta a simbolo del martirio di tante donne, come un punto di svolta, nel frattempo ne sono morte tante altre…
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