USA 2024, la sconfitta elettorale apre il processo tra i dem

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Dopo la sconfitta alle presidenziali, per i dem è ora di tirare le somme e cercare le cause della sconfitta. Come accade spesso agli schieramenti che dovrebbero rappresentare le classi economicamente più deboli, Kamala Harris ha raccolto enormi consensi nelle metropoli ma è uscita a pezzi dalle aree rurali dell’interno. Ancora una volta gli elettori di sinistra hanno notato uno scollamento tra realtà e programmi politici, contestando alla loro candidata scarsa attenzione per l’elettorato meno abbiente delle zone interne, che le ha voltato le spalle.
Tra i democratici, in particolare tra i big del partito, la non elezione della Harris è riconducibile anche allo scarso tempo che ha avuto la vicepresidente uscente per condurre una campagna elettorale convincente e con ben altri risultati. Ai vari Barack e Michelle Obama, Bill e Hillary Clinton, Nancy Pelosi e tante altre eminenze democratiche, viene contestato di non aver lavorato da subito per convincere Joe Biden a fare un passo indietro e indire primarie per trovare un candidato forte, scelto dal popolo e dal partito da opporre a Trump.
I democratici si sarebbero mossi quando ormai la situazione sembrava irrecuperabile e Biden dava da tempo segni di cedimento. Ci sono state remore e anche mancanza di coraggio da parte della base democratica per fargli capire che probabilmente era arrivato il momento di gettare la spugna per evitare al partito una debacle memorabile.
Quando i vari Clinton e Obama si sono mossi per convincere il Presidente uscente a rinunciare a una improbabile rielezione, Biden avrebbe imposto loro di candidare la Harris, in qualità di vice presidente, una sorta di passaggio di consegne tra numero uno e numero due data l’impossibilità del primo a continuare, tutto ciò per rendere meno imbarazzante la rinuncia.
Condizioni che le eminenze grigie del partito hanno dovuto accettare per forza mancando ormai meno di 100 giorni all’Election Day. La Harris oltre a non passare per le Primarie, ma subentrando in corsa, ha dovuto superare il pregiudizio e il maschilismo delle minoranze afro e latine degli americani, non solo, pare che anche all’interno del partito l’investitura di Kamala sia stata accettata a denti stretti, in quanto molti democratici, di quelli che contano, ben ricordavano che a correre per la Casa Bianca, sarebbe stata una delle vicepresidenti con il più basso tasso di gradimento di sempre.
Dati alla mano la Harris nel 2020 alle primarie dem è stata la meno votata con appena 844 voti in confronto ai 912.214 di Pete Buttigieg, ai 2.475.130 di Michael Bloomberg, ai 2.780.873 di Elizabeth Warren e ai 9.680.121 di Bernie Sanders. I detrattori all’interno del partito le hanno anche imputato mancanza di sicurezza e preparazione, nonchè di essere incapace di rispondere a interviste con domande che non avesse avuto modo di conoscere in anticipo.
Quest’ultima critica dei detrattori è venuta fuori in maniera preponderante durante un’intervista rilasciata alla rete ABC, occasione in cui la conduttrice Sunny Hostin le ha chiesto se una volta eletta avrebbe fatto qualcosa di diverso dal presidente Biden negli ultimi quattro anni. Domanda alla quale la candidata ha risposto nervosamente che non le veniva in mente nulla. Svarione che il team di Trump ha ripreso e condiviso in loop sui social.
Tutte osservazioni a cui i Clinton e gli Obama si sono opposti, ribattendo che Kamala fosse la candidata del partito e che bisognava remare tutti dalla stessa parte. Tutto ciò mentre milioni di elettori democratici non solo si lamentavano di stare peggio rispetto a quattro anni prima, ma sostenevano di essere state danneggiate dalle politiche della Casa Bianca.
Insomma sembra che tra i dem siano proprio i due ex presidenti a essere finiti sul banco degli imputati, ma non finisce qui, c’è chi ha addirittura accusato Obama di aver sconsigliato alla moglie Michelle di scendere in campo, nonostante la medesima avesse una grande personalità e una grande possibilità di vittoria, oltre alla preparazione per svolgere un ottimo mandato come presidente, tutto ciò per non rischiare di mandarla a sbattere contro il culto della personalità e il carisma di Trump.
Infine sempre secondo le eminenze dem, i due ex presidenti non avrebbero fatto nulla per arginare la virata troppo a sinistra del partito con la Harris, prestando il fianco ai sostenitori di Trump che la hanno accusata di essere la candidata presidenziale più di sinistra della storia moderna.
Adesso, a sconfitta avvenuta, c’è addirittura chi nel partito rimpiange di non essere andati avanti con Biden, il presidente uscente aveva trovato la forza di opporsi all’ala di estrema sinistra molto attiva del partito e in caso di sconfitta le sue condizioni fisiche avrebbero rappresentato un’ottima giustificazione da presentare al proprio elettorato.
Tutto ciò mentre solo una settimana fa tutti gridavano alla Harris come a colei che avrebbe salvato il partito da una figuraccia. Come spesso accade, in tanti adesso, dopo la sconfitta, stanno scendendo dal carro.
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