Femminicidio, centri antiviolenza esclusi dal ddl

#image_title
La decisione della Commissione Giustizia del Senato di sospendere il ciclo di audizioni sul disegno di legge in materia di femminicidio, atteso in Aula per l’8 luglio, ha sollevato un’ondata di preoccupazione e critiche.
Tra le voci più allarmate c’è quella di ActionAid, che denuncia l’esclusione dal dibattito delle esperte dei centri antiviolenza e delle associazioni della società civile.
Realtà che, da decenni, affrontano sul campo la violenza maschile contro le donne, sostenendo le vittime e proponendo soluzioni basate sulla prevenzione e sul cambiamento culturale.
Secondo l’organizzazione, il taglio delle audizioni dimostra ancora una volta l’orientamento istituzionale verso una risposta principalmente punitiva.
“La lista delle audizioni finora svolte – sottolinea ActionAid – è composta quasi esclusivamente da rappresentanti del settore penale”. Un approccio che, pur necessario nella sua dimensione repressiva, si dimostra da solo inefficace.
I dati parlano chiaro: dal 2020 al 2024 il numero di femminicidi in Italia è rimasto sostanzialmente stabile, oscillando tra 96 e 101 casi annui, mentre le denunce per violenza sono cresciute di appena lo 0,2% tra il 2020 e il 2023, secondo Istat.
Nonostante l’evidenza, il dibattito politico sembra concentrarsi ancora sull’introduzione di nuove fattispecie di reato e sull’inasprimento delle pene, misure che rischiano di avere un valore più simbolico che risolutivo.
Per ActionAid, ciò che manca è una strategia strutturale e sistemica di prevenzione primaria. L’organizzazione invoca un “cambio di paradigma” che vada oltre il codice penale e investa sulla trasformazione culturale, educativa e sociale.
Sono necessarie politiche pubbliche che agiscano in profondità sui fattori che alimentano la violenza di genere: norme sociali patriarcali, stereotipi, disuguaglianze di potere, modelli educativi inadeguati e pratiche istituzionali che spesso colpevolizzano le vittime o sottovalutano i segnali di allarme.
ActionAid chiede con urgenza l’obbligo per lo Stato di programmare e finanziare interventi regolari, differenziati e ben strutturati in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata: dalla scuola ai media, dal mondo del lavoro alla sanità, dalle forze dell’ordine alla giustizia.
Solo attraverso un’azione capillare e condivisa sarà possibile invertire la rotta e contrastare efficacemente la violenza maschile contro le donne.
“Serve un ascolto reale – conclude ActionAid – di chi, ogni giorno, lavora con e per le donne. La politica non può permettersi di ignorare queste competenze se vuole realmente costruire un Paese dove tutte le donne possano vivere libere dalla violenza”.