Zak Starkey, Ringo Starr e la soap opera infinita degli Who

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Zak Starkey, figlio del leggendario Ringo Starr, è stato per trent’anni il motore ritmico degli Who, ma il 2024 ha segnato un punto di rottura surreale anche per una band che ha sempre flirtato con l’assurdo.
In una recente intervista a Rolling Stone, il batterista ha raccontato con disarmante sincerità e umorismo la confusione, le tensioni e gli equivoci che hanno caratterizzato la sua relazione più recente — e burrascosa — con il gruppo di Roger Daltrey e Pete Townshend.
A partire da aprile, Starkey è stato licenziato, riassunto e poi licenziato di nuovo nel giro di poche settimane.
Pete Townshend ha inizialmente parlato di una “decisione collettiva”, poi ha smentito tutto dicendo che Zak non era mai stato ufficialmente allontanato. Solo per poi tornare indietro un’altra volta, dichiarando che “era giunto il momento di un cambiamento”.
Nel frattempo, Daltrey lo contatta per dirgli di “non togliere ancora la batteria dal magazzino”, lasciando Starkey in uno stato di perenne limbo. “Sono stati più i miei licenziamenti degli Who in dieci giorni di quelli di Keith Moon in tutta la sua carriera”, ha detto con amara ironia.
A rendere il tutto ancora più surreale, l’intervento del padre Ringo, che pare non abbia mai avuto troppa simpatia per la gestione interna della band.
“Ha detto: ‘Non mi è mai piaciuto il modo in cui quell’ometto dirige la band’”, racconta Zak, riferendosi con tutta probabilità a Roger Daltrey.
La confusione attorno alla sua posizione ha avuto anche conseguenze significative: Starkey ha rinunciato a partecipare alla tanto vociferata reunion degli Oasis, con cui aveva suonato tra il 2004 e il 2008, proprio per onorare i suoi impegni con gli Who.
Salvo poi scoprire di essere di nuovo fuori dalla band. Liam Gallagher, riferisce Starkey, ora preferisce lavorare con Joey Waronker, altro veterano della scena rock.
Le tensioni interne agli Who sembrano ormai croniche.
Daltrey, secondo Starkey, si è lamentato della batteria “troppo forte” durante le prove alla Royal Albert Hall, attribuendole la colpa di problemi alla voce.
Starkey, dal canto suo, sostiene che fosse Daltrey ad arrivare “quattro battute prima”. Nonostante lo scambio via e-mail (“Ti ho visto in TV ieri sera, eri fuori”), il batterista non sembra nutrire rancore.
“Adoro Roger. Non sbaglia mai una nota. La sua voce è come un raggio laser. Ma si è perso”, ha detto.
Eppure, nel bel mezzo del caos, Starkey non esclude un ritorno.
“Certo che lo farei. Ho detto a Pete: ‘Trent’anni. Hai alzato l’asticella così tanto. Che cazzo faccio adesso?’”. La verità, secondo lui, è che con gli Who non si può mai sapere: “Se pensi che succederà qualcosa, succede l’opposto”.
Tra risate amare e affetto sincero, Starkey sembra accettare la follia degli Who come parte integrante della loro essenza. Una band dove, anche dopo trent’anni, la realtà supera sempre la fiction.