Flop TV, la televisione che copia e si snatura non piace ai telespettatori

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La stagione televisiva 2024/2025 sta già emettendo i suoi verdetti sia in positivo che in negativo. Trasmissioni che zoppicano, che addirittura chiudono, o che rimandano la partenza, sono la dimostrazione di scelte aziendali frettolose o sbagliate, ma soprattutto la conferma che non sempre il personaggio popolare è garanzia di successo, il pubblico si è fatto più attento ed è pronto a voltare le spalle anche al proprio beniamino se il programma non lo convince.
Ma cosa c’è dietro questa serie infinita di flop? La mancanza di coraggio di chi fa la televisione, la non voglia di uscire dalla propria comfort zone, semplice superficialità? La prima risposta che sopraggiunge è ,il logorio. Un programma di successo viene spremuto come un limone fino a fargli perdere la sua identità e snaturarlo, e i format nuovi non sono altro che un minestrone di spin off di momenti presi e uniti tra loro da esperimenti televisivi di successo.
Dietro un flop possono esserci idee di base sbagliate e collocazioni in orari di per sè già intasati da altre proposte televisive, ma soprattutto la consapevolezza che non esiste una nuova generazione di autori, comprando i format belli e confezionati non c’è bisogno di creare nulla se non lavorare sugli aggiustamenti di programmi esistenti. La televisione che copia o ancor peggio, che copia sè stessa è una delle cause principali dei flop televisivi.
Non si può copiare un format quando il bacino di utenza è diverso, è capitato negli anni ’90 quando i personaggi del Bagaglino sono emigrati dalla Rai su Canale 5 non raccogliendo gli stessi risultati e capita tuttora, con i dovuti paragoni, con altre trasmissioni. Il tentativo di Viale Mazzini di offrire una versione “colta” di Temptation Island è fallito miseramente.
Il format avrebbe potuto anche avere sorte migliore se non fosse partito a ridosso della fine della seconda edizione in due mesi del percorso sui sentimenti di Canale 5, se avesse avuto un conduttore meno agee e meno blasonato, ma soprattutto se non si fosse voluto fare il tentativo di fornire una versione meno trash del format. Quando il pubblico è abituato a vedere un prodotto in un certo modo, difficilmente accetta di vederlo in un altro, risultato, chiusura anticipata del programma alla terza puntata, dopo che nelle prime due si è attestato sull’1,8% di share, lontano anni luce dal cugino televisivo di Mediaset.
Ci sono poi programmi traballanti che navigano al minimo consentito con gli ascolti, ma faticano a sopravvivere, Grande Fratello è un programma ormai usurato e che ha perso la mission iniziale, Domenica in è uguale da 7 stagioni. La Venier sono anni che ripete di andare avanti unicamente per spirito aziendale e si vede, il programma è lento e lei è svogliata, soprattutto gli ospiti sono sempre gli stessi e se non vivesse sull’indotto che gli offre lo spin off di Ballando con le Stelle al suo interno, i risultati probabilmente sarebbero più imbarazzanti.
Come se non bastasse la conduttrice sarà fra pochi giorni in un nuovo format televisivo che ricalca molto da vicino il trono Over di Uomini e Donne, un progetto che profuma di fallimento già in partenza. Anche in questo caso si è preferito scopiazzare invece che cercare qualcosa di nuovo, a cominciare dalla conduttrice, se Mara Venier è stanca e annoiata sul divano di Domenica in figuriamoci in un programma dinamico e con un meccanismo complicato.
Il caso Balivo merita un discorso a parte, la conduttrice zitana da anni cambia il titolo ai suoi programmi ma i contenuti sono gli stessi, sembra stanca di quella collocazione oraria, dovrebbe essere provata in altre fasce e trovare una nuova narrazione.
Ma il vero sciacallaggio lo si trova se ci siede a guardare alcune trasmissioni giornalistiche del pomeriggio, Barbara D’Urso può piacere o non piacere, ma al pomeriggio Mediaset aveva dato una sua identità, che piaceva, aveva uno zoccolo duro di affezionati che la seguiva ovunque. Piersilvio la ha sostituita con una giornalista seriosa, che per portare acqua a una trasmissione che zoppica si è affidata al sensazionalismo, alla morbosità della notizia, alla messa in onda di video e situazioni sulle quali il buon senso consiglierebbe di non speculare.
A questo punto se si manda via la D’Urso giustificandone la defenestrazione come una scelta editoriale, che senso ha sostituirla con un programma che ne ricalca le orme inserendo al suo interno uno spazio dedicato al Grande Fratello? Il Ken Umano è stato quanto di più trash l’era dursiana abbia mai prodotto, ma ben venga se l’alternativa, sono gli appostamenti sotto casa di Fedez, la confessione in diretta di un omicida con evidenti problemi mentali e la messa in onda dell’aggressione di Turetta a Giulia Cecchettin.
Stride un attimo vedere la Merlino scrivere post sui social contro il patriarcato, il maschilismo e in difesa delle donne, per poi vederla in TV, speculare su Turetta il giorno dell’interrogatorio per l’omicidio della sua fidanzata. Insomma le nature dei flop sono molteplici, ma alla base hanno un unico comune denominatore, fare la corsa sugli altri invece di farla su se stessi.
Se una cosa funziona la si deve replicare in maniera tale che nessuno se ne accorga, niente di più sbagliato, lo stesso seme non può dare frutto dappertutto, un reality in Rai ad esempio probabilmente non sarebbe seguito, la stessa Isola dei Famosi, quella delle prime edizioni aveva dato segni di cedimento. Non significa avere un pubblico più o meno intelligente, significa avere un pubblico che si collega perchè è abituato a trovare un determinato tipo di offerta in un determinato posto e questo concetto semplicissimo sembra non essere stato assorbito da chi dovrebbe decidere.
A furia di copiarsi tra loro ci ritroviamo a combattere con programmi tutti uguali, snaturati e per la maggior parte noiosi in cui il pubblico che è l’utente finale è colui che ci rimette.
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