Francesca Michielin: “Il bullismo non finisce con la scuola”
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Quando pensiamo al bullismo, la nostra mente corre subito ai banchi di scuola, ai cortili affollati, alle dinamiche complesse dell’adolescenza. Ma il toccante intervento di Francesca Michielin all’evento “Tutti a Scuola” di Napoli ci ha ricordato una verità scomoda: il bullismo non ha un’età e non si ferma con la campanella dell’ultima lezione.
Al contrario, si evolve, si adatta e si insinua nelle pieghe della nostra vita adulta, dai luoghi di lavoro ai social media, fino a plasmare persino le relazioni internazionali.
La cantante ha condiviso un’esperienza profondamente umana e onesta: è stata vittima di bullismo, ma allo stesso tempo, senza rendersene conto, è stata anche una bulla.
Questa confessione svela la natura circolare e spesso inconscia di un problema che va oltre la semplice distinzione tra “vittima” e “carnefice”.
È un ciclo di prevaricazione che, se non riconosciuto e interrotto, si perpetua nel tempo. Michielin ha notato come la “cultura della prevaricazione” sia ancora fin troppo presente, manifestandosi oggi in forme subdole e amplificate.
Dal banco di scuola al mondo digitale e oltre
I social media sono diventati il nuovo campo di battaglia. La Michielin ha citato esplicitamente come persone “si permettano di giudicare i corpi, violare l’identità delle persone”.
Si tratta di un riferimento diretto a fenomeni come il cyberbullismo e il body shaming, piaghe digitali che rendono la vita di molti un inferno silenzioso, fatto di commenti crudeli e giudizi superficiali.
L’anonimato e la distanza dello schermo riducono l’empatia, trasformando le parole in proiettili senza peso, ma dal danno enorme e duraturo.
Questo comportamento non si limita alle interazioni tra individui. La stessa logica della prevaricazione, ha notato la cantante, è evidente anche a livello geopolitico, quando “stati fanno certe cose nei confronti di altri stati”.
Un’osservazione potente che collega il micro (le relazioni interpersonali) al macro (le dinamiche globali), suggerendo che la radice del problema è la stessa: la mancanza di rispetto.
La scelta quotidiana e la forza del rispetto
È proprio sulla parola “rispetto” che l’intervento di Michielin raggiunge il suo apice. Il termine deriva dal latino respicere, che significa “guardare di nuovo”, “guardare meglio”.
È un’azione profonda, non un semplice sinonimo di “tolleranza”. Rispettare significa darsi il tempo di andare oltre la prima impressione, di non fermarsi al giudizio immediato, di cercare di comprendere la persona nella sua interezza. È l’antidoto più efficace alla prevaricazione, che si basa sulla fretta, sulla superficialità e sulla mancanza di empatia.
La cantante ci invita a una scelta quotidiana, quasi un atto politico: vogliamo essere parte di chi denigra, di chi manca di rispetto, o vogliamo invece contribuire a creare uno “spazio di cura”?
La risposta a questa domanda definisce chi siamo e il tipo di società che vogliamo costruire. Un “spazio di cura” è un ambiente, fisico o digitale, dove ognuno possa essere se stesso, in libertà, protetto dal giudizio e dalla violenza altrui.
L’appello di Francesca Michielin, quindi, va ben oltre l’evento scolastico. È un promemoria per tutti noi: la lotta contro il bullismo non si vince solo nelle aule, ma in ogni nostra interazione, ogni giorno.
È una battaglia che si combatte a colpi di empatia, compassione e, soprattutto, di rispetto. Perché solo così possiamo sperare di costruire un mondo dove la prevaricazione non abbia più posto, un mondo degno di essere abitato.
