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Sabato 28 giugno 2025, Piazza di Porta San Paolo a Roma è diventata il cuore pulsante di un’Italia che non resta in silenzio. “Non in mio nome” è il titolo della manifestazione pacifica organizzata dall’Associazione Schierarsi, un evento che ha unito voci diverse del mondo della cultura e della società civile per chiedere giustizia e diritti per il popolo palestinese.
Un pomeriggio di parole, musica e testimonianze, privo di simboli politici ma carico di significato umano e civile. Tra i protagonisti, una presenza che ha sorpreso e commosso: quella di Ghali.
Il rapper italo-tunisino è salito sul palco a sorpresa per eseguire Casa Mia, brano diventato simbolo della solidarietà verso Gaza.
Una canzone intensa, cruda, che non lascia spazio a interpretazioni: un grido di dolore e consapevolezza contro l’indifferenza, contro le bombe, contro l’ipocrisia.
“In un momento in cui sta accadendo una delle più grandi ingiustizie della storia, vedere una piazza così piena mi riempie il cuore di speranza”, ha detto Ghali. “Abbiamo le vere armi in mano: la cultura e l’educazione. Possiamo partire da noi.”
Ma l’impegno di Ghali per la causa palestinese non nasce oggi. L’artista ha più volte preso posizione con coraggio, anche quando era scomodo farlo.
Durante il Festival di Sanremo 2024, il suo appello sul palco dell’Ariston fece scalpore e aprì un dibattito nazionale. In diverse interviste, ha parlato della Palestina come “una ferita aperta” e ha criticato il silenzio di tanti colleghi e media.
Non sono mancati i momenti di solidarietà concreta: Ghali ha partecipato a raccolte fondi, eventi di sensibilizzazione e ha spesso usato i suoi canali social per denunciare la violazione dei diritti umani nei territori occupati.
La manifestazione di Roma ha confermato quanto la musica possa ancora essere uno strumento potente di coscienza collettiva.
Accanto a Ghali, sul palco si sono alternati artisti e intellettuali come Daniele Silvestri, Rula Jebreal, Moni Ovadia, Francesca Albanese, Alessandro Mannarino, Margherita Vicario, Gemitaiz e Frenetik&Orang3.
Tutti uniti da una sola richiesta: fermare le violenze e sostenere le popolazioni civili, raccogliendo fondi per Medici Senza Frontiere.
“Non in mio nome” è stato un esempio di come si possa fare politica senza fare propaganda, di come si possa occupare lo spazio pubblico per esprimere un dissenso autentico, condiviso, necessario.
E Ghali, con la sua voce e la sua storia, ha dimostrato ancora una volta che l’arte non è evasione, ma presa di posizione.